sabato 18 dicembre 2010

Sono Mister Wolf, risolvo i problemi

I programmi di computer ce l'hanno di defaul: tu scrivi, e lui poi ti corregge tutto secondo il suo insindacabile giudizio. Mette perché al posto di perchè, corregge le parole scritte male, e sostituisce quelle che non conosce. Ecco, così può capitare che se scrivi "James Kirk" in un testo, ti ritrovi scritto un "Giacomo Ciro"...

Ma qui parliamo di editoria a fumetti, per cui la figura dell'editor (il nostro protagonista) ha un ruolo diverso. Più o meno. O meglio, dovrebbe avere un ruolo differente, ma ho qualche ragionevole dubbio che ci riesca davvero. Prima però è il caso di fare il punto, in modo che sia chiaro CHI è e COSA fa un editor.

L'Editor (detto altresì il curatore) è una figura importantissima, molto più di quanto si creda al di fuori dell'ambiante (e anche dentro, a dire il vero...): è quello che dirige una serie a fumetti, quello che da' gli incarichi al redattore, prende le decisioni, e non risponde al telefono, pronto ad affrontare ogni possibile problema. Se fossimo in un film il nostro editor sarebbe identico al mr. Wolf di Pulp Fiction "Sono mr. Wolf, risolvo i problemi."

Il nostro mr. Wolf serve proprio a questo, a risolvere i problemi. Deve affrontarli, trovare la soluzione, risolverli. Per prendere le incazzature, per litigare quando necessario o delegare i ruoli dove serve; per prendersi il merito quando tutte le cose vanno bene, e le colpe quando vanno male (o scaricare le responsabilità su altri) . E' pagato per farsi venire l'ulcera, per sbattere la testa contro il muro, per alzare la voce quando serve, pagato per affrontare i problemi.

In un mondo perfetto, l'editor segue la serie come se fosse una figlia, le vede crescere, e vigila sulle sue amicizie come un padre severo, tenendo lontani i cascamorto e le zecche. E' il vero e proprio tutore di una serie.

Il bravo editor ha una scritta sulla porta del suo ufficio, vergata di sangue umano (di disegnatore) una vecchia storia marinara di rara efficacia. Questa storia spiega quali procedure deve seguire un capitano di marina che si trovi in una notte senza luna, su un cargo con il carico sganciato e il motore in panne, durante una tempesta che spinge la nave contro la costa rocciosa, con il faro sulla costa spento e la radio in panne e l'equipaggio nel panico. Cosa fare?

La risposta è evitare di trovarsi in una situazione simile. Quanti sono capaci di seguire delle regole così semplici?

Uno dirà, ma quali problemi possono presentarsi mai durante la lavorazione di una serie a fumetti. Oh, un'infinità, sono sempre in agguato, e pronti a rovinarti la giornata. Può accadere che si scopra che c'è un buco di un mese in una programmazione, per un'errore della conta dei giorni (succede, succede), o un disegnatore non rispetta la scenaggiatura (la "interpreta") e non si capisce il susseguirsi degli eventi. Deve affrontare gli aspiranti sceneggiatori che dicono che tale storia è rubata dal loro soggetto, o accorgersi se tale disegnatore ha copiato di sana pianta qualche vignetta, possibilmente prima che se ne accorga il pubblico. O capire se un disegnatore ha fatto fare parte del suo lavoro ad un'aiutante sconosciuto e anonimo (mai mentire al proprio editor, se hai un'aiutante lo devi dire senza problemi).
Poi magari può anche capitare che un disegnatore molli baracca e burattini per seguire Pinocchio e Lucignolo e il teatro di Mangiafuoco, e non dia più segni di se; o che si ammali, o debba partorire prima del tempo (se è una disegnatrice, può accadere) e per due mesi non invia tavole, per cui la sua storia deve essere rimandata, e affanzùm la continuity che lo sceneggiatore aveva studiato a tavolino. Oppure scompare dalla faccia della terra senza dare segnali, e senza concludere la sua storia seriale (e la continuity, eccetera). Un altro (sempre un disegnatore, sono loro/siamo noi a dare problemi...) lavora iperveloce, produce con quantità industriale e ti chiede di nuovo pagine di sceneggiatura nonostante abbia appena consegnato 300 pagine che verranno appena pubblicate tra 5 mesi, perchè si sa, ha il mutuo della villa a Montecarlo da pagare, e qualcuno deve dirgli che magari può rallentare il ritmo (non sia mai, il disegnatore protesterà con forza). Oppure si scopre che in una storia il generale Custer ha un orologio da polso, o gli indiani usano una Gatling a canne rotanti fuori epoca, o il disegnatore ha disegnato il proiettile che vola attaccato al bossolo; o un saloon western ha gli scaffali dietro al bancone come un pub inglese degli anni '20, oppure il disegnatore ha nascosto dei messaggi cifrati sui manifesti, e tutto questo va scoperto e corretto prima della pubblicazione, sennò hai voglia la figura di m***a che ci facciamo?
Tutto questo e molto altro, l'impossibile e l'imponderabile possono accadere in ogni momento.

La causa di tutto ciò ha poca importanza. Ma se si verificano alcuni dei casi qui sopra, certo Mr. Wolf troverà la soluzione, ma non potrà fare miracoli (per quanto se c'è qualcuno che può farli è lui...): perché ha già sbagliato... ha lasciato che una cosa simile accadesse. Non è stato vigile. Non ha preventivato. La sua nave era in panne, il vento la spingeva contro la costa e stava per cominciare la notte senza luna... cul de sac, direbbero i francesi. Vicolo cieco diciamo noi. E a quel punto ci vuole abilità a mettere le pezze nei punti giusti.

Adesso parliamoci chiaro: quanti degli editor che avete conosciuto nel mondo del fumetto sono come mr. Wolf?

Provate ad andare a Lucca, quando gli editori stranieri portano i loro editor, che visionano con pazienza lunghe file di disegnatori che propongono i loro progetti. Solitamente questi editor sono tutti gentili ed educati, guardano i vostri disegni, visionano la pagina e vi fanno i loro complimenti, MA poi con pazienza certosina vi spiegano perché o percome per quello che serve a lui il vostro prodotto non vada proprio bene. Provocando le ire di disegnatori non abituati a sentirsi criticare le braccine corte o le manone o gli occhi tutti uguali o la mancanza di sfondi e di profondità di campo. O semplicemente non abituati ad avere a che fare con un editor serio, che se sbagli a disegnare te lo dice chiaramente, per cui "buona la prima" o "A me piace così" non è una motivazione accettabile. Editor che sono in grado di capire anche se sai scrivere, o vedono che sei incapace di scrivere un soggetto (o non sai cos'è, accade, accade), per cui non si mettono a leggere la tua "sceneggiatura rivoluzionaria scritta come quelle di Moore e Gaiman, sulla guerra tra demoni giapponesi e punk-ska dell'hip-hop metropolitano"

Quasi ogni sera, nelle cene lucchesi tra colleghi, ti capita di ritrovarti con colleghi furibondi, impegnati a lamentarsi di quel tale editor scozzese che ha visionato le loro pagine, e di come abbia fatto mille appunti. E giù a lamentarsi che questo non è serio, di come sia offensivo per loro, per la loro professionalità, loro che hanno prodotto diverse centinaia di pagine di fumetto popolare..

"Ma allora," domanda il lettore incuriosito "chi non lavora così è un cattivo editor?"
Forse, ma forse no. E chi lo dice che Giacomo abbia la verità in mano? Magari sbaglia pure lui.

E se invece il soggetto del nostro post, il nostrano curatore fosse ormai una figura arcaica, antidiluviana e non più necessaria? Andato in pensione o ritirato a vita privata. Qualcosa di cui oggi possiamo tutti fare tranquillamente a meno? Perché ad esempio può occuparsi di tutto e perfettamente lo sceneggiatore, mentre scrive le sue solite 11 storie per 11 disegnatori furibondi.

C'è tutta una nuova corrente di pensiero che afferma che nel mondo editoriale odierno al figura dell'editor si sia evoluta, che oggi abbia ruoli diversi. Che in questa nuova editoria il suo ruolo sia di vagliare i nuovi talenti, visionare i loro progetti, scegliere cosa pubblicare e cosa no e delegare agli autori tutto il resto. A concedere interviste alla stampa specializzata (stampa specializzata in fumetti? okay, potete ridere) per ricordare il proprio ruolo vitale in tale progetto. A mantenere le amicizie con i VIP, i Fan, i Nerd, i Mood e i Rap. Ad essere sempre abile nella dialettica.

Perdonatemi, capisco che il mondo si evolve, ma continuo a pensare e credere che noi si abbia ancora bisogno di mr. Wolf. Perché se è vero che anche nella figura classica degli editor hai le figure emergenti che delegano tutto a tutti (colpe comprese) e fanno credere di essere indispensabili, questo ha creato tutta una nuova scuola di "editor" (le virgolette sono d'obbligo) che hanno questo come credo principale. O che prendono il loro ruolo sottogamba, se c'è un problema potrai sempre ordinare ad un disegnatore di fare 100 pagine in 30 giorni, prendere o lasciare.

I nuovi editor crescono come funghi, seguendo questo nuovo sentiero inesplorato: quella dell'editor che delega. Che non s'incazza. Che vive serenamente, che non risolve i problemi perché non li deve affrontare lui (non è stata colpa mia, un'uragano, un'inondazione, le cavallette!!") ma che si ritrova lo stesso con davvero tante, troppe cosa da fare: contarsi le dita, andare alle fiere, introfularsi alle cene Bonelli, delegare tutto il lavoro di editing ad uno studio di Hong Kong, scrivere le introduzioni, tenere conferenze sul fumetto o scrivere sui forum per negare l'evidenza quando qualcuno osa fare presente un errore in tale volume, a pubblicare traduzioni senza controllarle. A rispondere picche quando ti parlano di cuori o guardare il dito quando ti indicano la luna.

O a correggere James Kirk in Giacomo Ciro.

sabato 27 novembre 2010

Un cerchio rosso piantato nel cuore...


Ma quanto erano belle le copertine della serie Cerchiorosso?

Molti non ne avranno sicuramente mai nemmeno sentito parlare, e per due buoni motivi. No problem, Giacomino adesso spiega.

Il primo motivo è che tutto ciò avvenne un bel po' di tempo fa. Il numero uno uscì nell'ottobre del 1978, fate voi il calcolo di quanti anni sono fino ad oggi. Il secondo motivo è che fu una serie che durò davvero poco, interrompendosi dopo 38 numeri nei primi mesi del 1982. In questo periodo passò attraverso un cambio di formato e ben tre cambi di grafica, segnale che le vendite non andavano come avrebbero desiderato.

Cerchiorosso fu un coraggioso tentativo di proporre in edicola i romanzi d'avventura, affiancando altre celebri collane di genere, Il giallo mondadori, Urania (la fantascienza) e Segretissimo (spionaggio). Stesso formato, e un colore accattivante, il rosso. E alle copertine il grande Carlo Jacono, che già firmava Segretissimo e il Giallo. Però...

Già, c'è un però. Perchè il motivo per ho conosciuto questa collana di volumetti popolari è proprio lui, Carlo Jacono. Essendo all'epoca un giovane onnivoro divoratore di Urania, saltuariamente occhieggiavo anche le copertine delle collane gemelle, e avevo imparato a riconoscere le sue illustrazioni, con quella loro caratteristica struttura che lui caratterizzò sia nel giallo (già popolare di suo) che su Segretissimo (fratellino minore, bisognoso di cure). Il mio illustratore italiano preferito all'epoca era già il grande Aldo Di Gennaro, conosciuto sul Corriere dei Ragazzi e che saltuariamente vedevo su copertine di libri "da libreria".

Ma fu amore a prima vista anche questa volta, quando vidi quel sommergibile tra i ghiacci... in appendice di un Urania, nelle pubblicità di fine numero. Un Urania preso in qualche mercatino, in anni successivi. Già, nel 1978 non avevo ancora cominciato a divorare FS. L'edicola la frequentavo saltuariamente, e guardavo solo nel settore riviste di fumetti e in quelle di modellismo. Per cui Cerchiorosso nacque e morì nella mia assoluta ignoranza.

Per cui passarono diversi anni prima che sui banchi dei mercatini dell'usato riuscissi a recuperare parte di quei numeri. E potei ammirare quelle bellissime illustrazioni, senza dovere aspettare 4 anni per concludere la serie - e non concludendola affatto, a dire il vero, visto che ho ancora qualche decina di numeri mancanti.

Le copertine, dicevo. Non solo primi piani di volti o armi, ma illustrazioni a intere, quando ancora i disegni si facevano con matita e pennello. E... be, come faccio a spiegare una sensazione? Anni di studio della storia dell'arte sui libri di Giulio Carlo Argan mi hanno insegnato che quello forse non è il metodo giusto per descrivere e spiegare il concetto di "bello".

Ecco, con tutto ciò che ho visto e imparato ad apprezzare fino ad oggi, posso affermare come punto fermo che tra i disegni visti su pubblicazioni popolari, le cover di Carlo Jacono per Cerchiorosso erano certamente tra le migliori. 

Vedere per credere.



Ma i libri com'erano?

Non ne ho idea. Lessi solo "Esther, Ruth e Jennifer", un numero che pubblicava un libro da cui era stato tratto un film molto carino con Roger Moore "Allarme piattaforma Jennifer" (o era l'adattamento del film? Boh), che mi divertì parecchio.

Gli altri stazionano ancora nella loro fila, in uno scatolone. Mi dicevo sempre che un giorno li avrei letti. "Quando avrei avuto tempo". Ma allora non sapevo ancora che la vita è ciò che ti accade intorno mentre aspetti che succeda qualcosa.

lunedì 8 novembre 2010

Cacciatore di tesori perduti


Tutti conserviamo i vecchi ricordi, vecchie carte, oggetti e altre amenità. Qualche volta conservandole in posti sconosciuti, altri ritrovandole dopo anni di oblio. Avendo una vecchia libreria dove certi libri stazionano da anni, c'è un settore quasi nascosto dove risiedono alcuni quaderni o libri dell'epoca scolastica. Quindi nei giorni scorsi viene fuori (come veniva fuori di tanto in tanto altre volte) un vecchio diario di seconda o terza superiore. Ed essendo le materie da ricordare molto facili, e rimanendo intonso il diario, vi cominciai a fare quello che volevo, divertendomi a fare quello che nelle lezioni non potevo. Ecco qua.

Solo una piccola selezione, irresponsabilmente disegnate a suo tempo su una carta con uno sfondo verde simil-carta millimetrata, con i segni della grafite sfuggita al controllo della gomma, e fissate grazie al cielo con lacca per capelli, per renderle - se non proprio eterne - almeno "durabili"



Ecco. E mentre mi rendo conto che oggi il mondo del fumetto popolare abbia più bisogno di operai che di disegnatori che conoscano la prospettiva, mi chiedo cosa direbbero vedendo queste immagini dei ragazzi di 17 anni che vogliano entrare nel mondo del fumetto, e che fanno ancora gli sfumini con le dita o i personaggi con gli occhioni. Non ho mai detto loro come disegnavo alla loro età. 

Ma in fondo, visti i soggetti, è facile che pensino "Ma perché non disegnavi dei calciatori o donne nude?"

Già, bella domanda...


giovedì 28 ottobre 2010

Lucca, rimembri ancora...

Quest'anno niente Luccacomics. Impegni, salto dell'appartamento, nessun incontro lavorativo previsto, per cui passo. E la cosa mi spiace, certo. Mi spiace innanzitutto per non esserci, perchè ormai ero una presenza fissa da 5 anni; per il non rivedere i vecchi amici e conoscerne di nuovi; per non poter girare per le bancarelle come un visitatore qualsiasi, addocchiando materiale interessante e studiando il modo in cui potevi farti fare uno sconto.

Ma sopratutto mi spiace non potere essere nella selfarea a promuovere il nuovo numero di Anjce, costringendo Miriam a dover fare tutto da sola. E quindi niente disegni per i soliti, niente disegno per Mimmo, niente disegno per il signor Alfonso. Niente incontri con i lettori, che ogni anno ricordi sempre meglio, a furia di rivederli ogni volta, che ti seguono dalle prime volte che ti vedevano allo stand Bonelli a ora, che ti vengono a cercare nelle pause di quella fila preziosa. E il sole, che bene o male ha sempre accompagnato almeno un giorno gli ultimi anni di weekend lucchesi. Poi, quasi come fosse un sms del destino, lunedì pioveva.

Certo Lucca era anche questo, ma ogni cosa ha i suoi lati negativi: dover perdere la maggior parte del tempo per trasferirsi da un padiglione all'altro, incrociando cosplay carichi di accessori, o ragazzi con zainetto che non guardano attorno a loro mentre si girano. La collocazione attuale, con la fiera distribuita per la città, è preferibile a quella vecchia, dove si stava compressi in spazi ristretti e dove si mangiava sempre i panini nel solito posto, qui si riesce a respirare, ma se hai appuntamenti e impegni in posti diversi in padiglioni differenti in due piazze adiacenti, e magari in quel momento la protezione civile sta facendo uscire la gente dal capannone degli editori perché c'è ressa per Ratman... bè, in questo caso è decisamente scomodo.

E poi ci sono le cose che non vedrò, di cui non sento la mancanza, come le famigerate facce di bronzo dei "soliti noti" nei loro stand che se la tirano, o i soliti "addetti ai lavori" che si intrufolano ovunque.

Concludo con un'amichevole raccomandazione. Se vi ritrovate a fare la fila ad uno stand per ricevere un disegno o una stampa, non portatevi MAI dietro un pennarello rosso a punta grossa, e se per caso ce l'avete ignorate se qualcuno chiede se per caso ce l'avete  (si dice il peccato ma non il peccatore, ricordate). Rischiereste grosso.

E poi... lo so che può sembrare il discorso della la volpe e l'uva, ma forse, può darsi, hai visto mai... potrebbe piovere!








sabato 16 ottobre 2010

Anteprimando...

Ovvero facendo un'anteprima. Qui in basso trovate le prime tre pagine dell'ultimo episodio di Anjce.

Spiegando anche a chi non lo sapesse, di che si tratta. E' un progetto autoprodotto che si fa con due amici, Miriam Blasich e Luca Vergerio. Stesso personaggio, ognuno si scrive e disegna un episodio, una volta all'anno, per essere pronti all'appuntamento di Lucca con un nuovo numero. 48 pagine in bianco e nero, copertina a colori.

Ogni volta è una sfida, quella di scrivere e disegnare una storia che nasca da dentro, che ti senti addosso, e che sia anche una buona storia (almeno si spera), che la gente ricordi anche dopo averla letta. Cercando di essere modesti. Certo, non sarà il fumetto che ti farà passare alla storia, ma almeno è qualcosa che ti diverti a fare, per te e per il tuo divertimento.

Ogni anno è un'impresa raggiungere l'idea che ti dà lo spunto per la storia finale. Le idee sono tante, girano, cambiano, mutano e si evolvono, e alla fine pensi che una in particolare potrebbe funzionare. Ti concentri su quella, te la studi, la strutturi, ci ragioni e cominci a visualizarla nella tua mente: storyboard, frasi, parole, e ti dici che è fatta.

Poi, bastarda come un tiro mancino, un bel giorno, mentre stai facendo tutto altro, ti viene in testa un'altra idea improvvisa. E col pensiero fai la domanda fatidica da cui nascono tutte le idee "E cosa succederebbe se...". A quel punto è finita. Getti tutto quello che ti eri studiato fino a quel momento, perchè la nuova storia è lì pronta, inizio, svolgimento e fine, con tutte le cose che vuoi dire in quel momento, che ci stanno tutte giuste.

Poi si tratta solo di disegnare e mettere i testi. Una cosa in fondo automatica, perchè ormai hai bene in mente che cosa ne uscirà, rimane solo da stabilire come e quando farlo, limare gli angoli e lucidando il resto. Sfruttando tutte le tue 13 pagine. 

Lascio indovinare quale sia il "Cosa succederebbe se..." da cui è partita tutta l'idea. Dall'anteprima forse si capisce, ma forse no. Ma questo è il bello delle anteprime: non devono dirti troppo...

Qualcuno poi potrebbe domandarsi che fine fà l'idea scartata, quella che ti studiavi fino a pochi giorni prima. Rimane sulla carta, e nulla ti vieta di riutilizzarla prima o poi, da qualche parte. Prima o poi. La prima della serie, sei anni fa, non fu la prima storia che mi scrissi da solo, a dire ilv ero. Già in qualche occasione avevo fatto qualcosa. Ma fu la prima ad avere una certa diffusione, e a riportare la nota "testo e disegni di GP". Sniff, lacrimuccia, commozione, amarcord...



E poi, come continua? Beh, questa è solo un'anteprima, l'ho detto all'inizio...

Tipografici i primi quattro, autoprodotti in proprio i successivi due. Curioso, proprio come fanno certi editori minori con certe produzioni (ma facendosela pagare un capitale). Il sesto è stato terminato nei giorni scorsi, e sarà disponibile a LuccaComics & Games, nella Selfarea, stand Anjce. Per chi non ci sarà... basterà fare richiesta scrivendo a info@anjce.it, o visitando il sito, magari lasciando anche un messaggio nel guestbook.

E poi tutto ricomincia come al solito, verso l'infinito, e oltre...

mercoledì 6 ottobre 2010

Quante pagine da qui all'eternità?

Ogni tanto, non troppo spesso, cedo ad una vecchia abitudine, dimentico il mio pessimismo di default sul mestiere di fumettista, e cerco di tornare un lettore. Un semplice lettore. Tanto per intenderci, come quello che ero fino ad una ventina di anni fa.

Già, che ci vuole a essere un lettore? Mi rivedo da piccino, con un numero del Corriere dei Ragazzi in mano. Vabbè, non proprio piccino dai, adolescente. Un naufrago su un battello approda su un'isola dei mari del sud. Ambientazione da Lost, palme e spiaggia infinita. In quel momento ero davvero con lui sulla spiaggia. E poi in ogni altro momento, lo seguivo ad ogni pagina. A 6 pagine per settimana (quando negli anni precedenti si arrivava anche a 2 pagine per settimana). Il seguito? "A suivre", ovvero "Continua"... tra sette giorni, stessa ora, stesso canale. Quindi stessa edicola, stesso giornale. Che figata.

Anni dopo rivedo lo stesso giornale. La spiaggia non è bellissima, le palme sono 4, l'ambientazione di Lost non ci azzecca. Vabbè, il ricordo era migliore.

Già, ma questo avveniva prima. Prima di incominciare a disegnare con metodo, prima di concentrarsi per farlo in maniera coerente e continuativa. Prima di pensare anche solo da lontano di farlo diventare il tuo mestiere.

Prima di cominciare a macinare decine di pagine al mese, curandotele come fossero i tuoi cuccioli. Prima di imparare a quanto difficile arrivare al finale, in cui tutto deve ottenere risposta, e ogni pagina in più o di troppo è una pagina in meno per spiegare. Quando impari i metodi che usano gli sceneggiatori in gamba, quelli che ti permettono di arrivare all'ultima pagina e tutto va a posto, senza fretta.

Oggi tutto questo mi è entrato nel sangue ormai. Riconosco a occhio le correzioni, gli interventi redazionali, i punti morti delle storie, non riesco insomma ad evitare di esaminare i fumetti che leggo con occhio critico. E se vedo un braccino corto faccio una smorfia. Se un'inchiostratura è del tutto inefficace la smorfia è da sorriso del Joker. Se il disegnatore ha copiato fotografie, be, è davvero troppo evidente (se fino a ieri disegnava in maniera differente). Se manca uno sfondo, se una prospettiva ha delle sue regole tutte personali a noi mortali sconosciute, insomma, tutto questo mi rovina il piacere della lettura. Ma d'altronde non si vive solo di Milton Caniff, i fumetti come ogni altra cosa nel mondo si evolvono, per cui mi tengo dentro le lamentele sul disegno, con un certo sforzo riesco a non evocare il disegnatore ipercritico che c'è in me, e leggo tutto d'un fiato un fumetto.

O meglio, ci provo. Perché a questo punto mi scontro con una tipica abitudine che circola oggi nel fumetti, che siano essi detective, topi e paperi o supereroi in calzamaglia.
La dilatazione. Molte cose le accetto, certi trucchi narrativi anche, ma una storia stirata, fosse per 20, per 100 o 300 pagine, non le reggo. 

Esempio: Tizio entra in una stanza, saluta, chiede come va al padrone di casa. Amena conversazione e lentamente si spostano arrivando alla porta delle prima stanza. Una pagina e mezza in cui non è accaduto nulla. Non è stato detto nulla di rilevante ai fini della storia. Ma io ho letto due pagine nel frattempo. Mi dico che mi sbaglio, che la mia mente mi ha ingannato, la storia non può essere così dilatata. Allora torni indietro e guardi con metodo. Scandagli la pagina. Tizio arriva nella vignetta uno e suona alla porta. Vignetta due arriva Caio che si appresta ad aprire la porta. Vignetta tre la apre, e fà un'espressione di sorpresa. Quattro, vediamo ospite e padrone di casa che si salutano. O meglio, il nuovo arrivato che pone una domanda senza importanza. Il padrone di casa, Tizio, risponde nella cinque. Nella sei Caio entra sorridente rispondendo.

Ti chiedi il motivo. Ti rispondi che non può sicuramente essere una questione veniale: "Mi pagano a pagina, e io dilato questa storia quanto mi pare così guadagno di più". No, in fondo mi rendo conto che sfornare un'idea valida ogni settimana od ogni mese può essere stancante (però un ragionevole dubbio rimane sempre, beninteso). Me ne resi conto vedendo come le storie di Startrek in televisione diventavano via via più verbose, per finire con le infinite chiacchiere tra Janeway e Sette di Nove in Voyager (noooiaaaaaaa). Laddove in Startrek The Next Generation gli sceneggiatori avevano inventato (o solo applicato) lo story editing, cioè l'intrecciare in un episodio più vicende minori che da sole non sarebbero bastate a reggere un episodio. Ma questo era avvenuto anni prima... altri sceneggiatori, più trame e temi a cui attingere.

Forse che nei fumetti gli autori sentano l'influenza delle Graphic Novel americane? I romanzoni a fumetti di 300 pagine che tanto successo hanno avuto? Be, no, a aprte la lunghezza quelli avevano senso così lunghi, c'era tanto da raccontare.

O il problema è più grande, e copre in generale tutta la letteratura? Forse che la dilatazione non è poi solo un problema dei fumetti? 

Prendiamo un romanzo cartonato da 500 pagine. Uno a caso, italiano o straniero. Forse avrà al suo interno una scena simile a questa: 

"Pablo appoggiò la mano sopra la maniglia di ottone cromato color biondo cenere, brunito di fumo, forgiata dai maestri delle Senegovia occidentale nel 1918, alla fine della grande guerra mondiale, sentendola resistente al tatto delle sue dita lunghe e pallide, ricoperte di rada peluria. Esercitò una leggera e metodica pressione sopra quell'oggetto che in quel momento gli pareva così estraneo e oscuro. Aumentò la pressione sentendolo cedere, e lui prese fiato continuando a premere, fino a quando non sentì un suono secco e penetrante che gli ferì le orecchie, infrangendo quel quasi eterno momento di silenzio in cui era penetrato da qualche minuto. Spinse ancora, e la porta si aprì, cigolando impercettibilmente come un ribelle che cerca di sostenere un'ultimo attacco, o a resistere alla carica dei 600 (...)."

Non cercatela in giro, l'ho inventata ora. Più di dieci righe di testo (se penso che una volta gli editori pagavano a quantità di parole) per non dire nulla di nulla, a parte che il potagonista ha le dita òunghe, pallide e pelose (guai se il lettore non scopriva questo particolare, attenzione!). Letteratura? Bho.

Certo. In questo modo è più facile scrivere un romanzo e arrivare a 700 pagine. Ma laddove Tolkien impiegava 500 pagine a descrivere la battaglia del fosso di Elm, oggi puoi trovare scritto "Partirono all'alba per la battaglia, e tornarono la sera, vincitori." Allora in questo cosa contengono 900 pagine? Ecco cosa penso quando leggo di giovani esordienti che ragionano a trilogie...

O a fumetti con gente che bussa a delle porte...

Okay, tutto questo solo perché ogni volta che mi devo scrivere un fumetto io, faccio a botte con gli storyboard, per riuscire a far stare tutto nei tempi giusti. E' in questi momenti che mi rendo conto di quanto sia difficile essere uno sceneggiatore.


Pagina da Anjce #6, di prossima uscita.

venerdì 1 ottobre 2010

Still Crazy After All That years...

Quello che segue è un pezzo recuperato da Facebook, dove lo scrissi nel gennaio scorso, in occasione del mio compleanno. Mi è tornato in mente nei giorni scorsai, visto che affrontai lo stesso discorso del pezzo con un amico (discorso inutile, ognuno rimase sulle sue, ahimè, come perdere altri 20 minuti inutilmente). Ma la parte sull'imprinting è dannatamente autentica, l'ho provata sulla mia pelle...  

Quante buone cose possono accadere, nascendo nel freddo gennaio del 1964?

Adesso, un tot di anni dopo, provo a guardare indietro.
Quando l'uomo arriva sulla luna, nel 1969, ho 5 anni e sono troppo piccolo per ricordare qualcosa. O per aver visto 2001 odissea nello spazio al cinema. Peccato...
Ma ho 8 anni nel 1972, quando scopro i fumetti del Corriere dei ragazzi, e ne avrò 12 nel 1976, quando degenererà in qualcosa di grammaticamente illeggibile (Corrier Boy, ARGH). Un buon imprinting su una mente giovane ha la sua importanza? Oggi, col senno di poi direi di si.

Ho 10 anni nel 1974, quando scopro i classici di Walt Disney in edicola, con il primo volumetto ristampa di Paperinik, che compro investendo metà del prezioso regalo di mia sorella Ornella (1000 lire). Stessa età di quando papà regala a me e mio fratello una "busta sorpresa" di quelle che si trovavano nelle edicole, formate da rese di vari editori svendute per poco prezzo. Nella nostra ci capiterà di trovare un albo di Buck Danny, di Charlier-Hubinon. Solo anni dopo collegai il nome di uno degli autori con quello del il signore che scriveva Blueberry sul Corriere di piccoli... uno dei tanti giornali a fumetti che si trovavano in tutte le edicole. Si, decisamente si direbbe un buon imprinting per l'età infantile.

E scoprire la rivista Orient Express a 20 anni, laddove due anni prima divoravo Metal Hurlant. E a 24 anni prendere il primo numero dei Fantastici 4 della Star Comics, quando la Marvel Italia/Panini ancora non esisteva. Leggere il primo Urania a 18 anni, e la trilogia di Isaac Asimov di lì a poco. Cominciando ad appassionarmi alla lettura, e non smettendo ma più.

A 13 anni riesco a vedere Guerre stellari al cinema. Serve aggiungere altro? A 17 vedo I predatori dell'Arca perduta, e Heavy Metal. E 18 quando vedo Blade Runner (e il mondo non sarà più lo stesso) ed E.T. (e a malapena trovavo da sedere nel cinema). E quando la mia città rimarrà un solo cinema, visto che il teatro Verdi chiuse per restauro rimanendo in quelle condizioni per gli anni che Ulisse mancò da Itaca, riesco comunque a vedere tutti gli imperdibili film di fantascienza di serie B degli anni '80. A conoscere StarTrek quando ancora si chiamava "Destinazione Cosmo", a 16 anni. Un buon imprinting adolescenziale, direi.

E che dire della TV? UFO a 8 anni, nella TV dei ragazzi, alle 17 del sabato, dopo un'interminabile monoscopio che caratterizzava l'assenza di programmazione, in un'epoca in cui qualche dirigente televisivo sicuramente aveva sentenziato "Diamine,ma chi volete che guardi la tv nel pomeriggio, siamo seri!", e quindi dalla fine del telegiornale delle 13.30 alle 17 avevamo il pomeriggio libero per contarci i pollici e fare altro (contare gli alluci, per esempio). Quindi, in orari simili L'astronave Orion un anno dopo, e Spazio 1999 a 12 anni, Doctor Who con Tom Baker, e poi Goldrake a 14, Gundam (Amici miei, sono Peter Rei, comandante del robot...) di lì a poco, e Conan e Lupin III e Grand Prix il campionissimo. E pure a vedere Nausicaa nella valle del vento un Natale di quel periodo lì, quando ancora dovevo imparare chi fosse Miyazaki. Quando in quegli orari non avevano ancora preso piede programmi di fitness, gossip e grandi fratelli vari. E poi Furia, Happy Days, Zorro, Un uomo in casa, George e Mildred, Hawaii 5.0 e Mission Impossible, l'ispettore Derrick e il tenente Colombo.
E poi e infinite tv private... quando la definizione TV commerciale ancora non esisteva. Avrò 17 anni quando arriverà Canale 5, e già la febbre della TV era passata da un po'. Salvo per un pelo... niente Puffi e Cristina D'avena, ero già oltre. Ma assisto agli anni di piombo mentre faccio la seconda media (latino obbligatorio, porcum canem).

Sono orgoglioso di aver visto Niki Lauda vincere con la Ferrari all'età di 11 e 13 anni, infinitamente grato per aver seguito tutta la parabola di Gilles Villeneuve nel momento giusto. O aver visto l'Italia di Panatta-Barazzutti-Bertolucci-Zugarelli vincere la coppa Davis nel Cile di Pinochet disertato dai grandi del tennis. Quando, per essere chiari, non capivo un'acca delle regole del tennis.
E Paolo Rossi e i mondiali di Spagna a 18 anni. E prima ancora Marcello Fiasconaro e Pietro Mennea.

Fatto il militare a 20 anni, e aver visto Dune e Ghostbuster nei cinema di Pordenone, avere prestato il libro alle guardie smontanti per poi discutere davanti ad una pizza che "Però il libro è meglio del film..." e aver diviso il numero di Topolino con la prima parte di "Zio Paperone e l'avventura in formula 1 (di Pezzin e Cavazzano) con tutta la caserma, e scoprire che un numero di Topolino (che tempi, eh?) poteva essere letto da 200 persone e ritornarti in mano intonso, mentre un numero del Tromba o di Jacula perdeva pagine e copertina in poche ore... E assistere alla tragedia dello stadio dell'Eisel nel piccolo televisore del centralino, riempito di gente stupefatta da ciò che vedeva. E la nevicata del secolo, e le notti senza luna nelle stradine vuote e senza luci della caserma. E aver sperimentato per la prima volta nella mia vita il SILENZIO assoluto intorno a me... nel buio totale.

E ce ne sarebbero da raccontare di cose. Della Musica, del primo 33 giri di Vinile (Glass Houses di Billy Joel) preso a 18 anni, o dell'ultimo (007 Licence to Kill di Michael Kamen) a 25, una settimana prima che la Standa svuotasse la sezione vinile in favore del CD. Essere passato attraverso innumerevoli strumenti HiFi: il registratore Geloso del nonno per registrare le sigle dei telefilm, da 14 anni in poi. Al primo e unico walkman a 26. E poi l'Ipod tarocco a 44 (con la pila che sis carica rapida, ma d'altronde era tarocco, lo sapevo...). Avendo assistito al boom del VHS, quando non lo distinguevi dal Video 2000 e dal Betamax, e aspettavi di vedere chi di loro sarebbe sopravissuto.
E aver sentito parlare del laser Disc, e poi in rapida (troppo rapida) evoluzione del DVD, del Blue Ray e l'HD.
E il cugino che veniva l'estate portando il nuovo rivoluzionario coso chiamato computer, lo ZX Spectrum, con le audio cassette per i programmi (20 minuti per caricare Space Invader, e mi sembrava rapidissimo...) . E il primo PC (del fratello) a 28 anni. 386, e poi 486, e poi Pentium, e pentium 2. E i giochi a poligoni, quelli lenti, lentissimi. E il primo sito internet visitato (e chi se lo ricorda?) con la connessione a 56 k. Quando scaricare una piccola foto richiedeva minuti interminabili. Prima della wikipedia e di Youtube, quando usavi Altavista e ti sembrava trovasse tutto.
Prima di facebook e dei cellulari, e quando volevi qualcuno lo chiamavi al telefono. E se non c'era pazienza... avresti richiamato un altro giorno. In fondo che fretta c'era? E i compleanni dovevi ricordarteli.

E quando inizi a vedere le ragazze in modo differente. Quando lei ti dà il suo numero di telefono e devi parlare coi suoi, e chiedere che te la passino, e sperare ci aver fatto una buon impressione.

E adesso? Gli anni continuano a passare, il pepe a crescere nei capelli, la tecnologia a evolvere, la tv a degenerare, i fumetti a vendere di meno, e gli amici si sistemano, i loro figli che crescono, e tu che mentre ti guardi allo specchio, tutte le mattine ti domandi come ha fatto a passare così velocemente tutto quel tempo. "Avrò 36 anni nel 2000, hai voglia prima che ci arrivo!" dicevi ridendo, tanto tempo fa.
E ripensi a quella ragazza che qualche settimana fa ti chiedeva incuriosita quanti anni avevi. Ti rivedi a rispondere sorridente con un quiz per lei insuperabile. "Fai un po' di conti: ho visto Guerre Stellari al cinema..."

martedì 21 settembre 2010

Figure mancanti

Già. In questi giorni, guardandosi intorno nel mare del mondo del fumetto in Italia, sembra di vedere delle costanti un po' ovunque. Osservi, guardi, pensi, e ti rendi conto che nel mondo degli editori minori mancano molto spesso delle figure importanti. Considerate magari superflue, non necessarie, di cui si può fare a meno quando si tratta di limitare le spese. Uno stipendio in meno. Soldi risparmiati, tanto il fumetto "riesce bene comunque". Vediamo di non lasciarli scomparire nell'indifferenza.

E cominciamo da una figura molto particolare. Si, perché parliamo del redattore, questo sconosciuto.

"Chi è mai, costui? Cosa fa? Perché mai qualcuno ne dovrebbe sentire la mancanza?" domanda il lettore ragionevole.

Be, vediamo. Un redattore che si rispetti, tanto per cominciare lavora in una redazione, per esempio. Con un telefono magari. Ecco il primo problema: se manca il redattore, se possiamo a fare a meno di lui, a che diavolo serve una redazione? Si può fare a meno, certamente. E anche del suo telefono.

Ma (appunto) chi è? Che cosa fa esattamente? Come si colloca in un processo editoriale che porta a realizzare un fumetto popolare?

Proviamo a rispondere. In un fumetto ci deve essere uno sceneggiatore. Che spesso è anche il soggettista. Poi c'è il disegnatore. E il letterista. E l'editore, e lo stampatore, e il distributore, e l'edicolante, eccetera.

Lo sceneggiatore scrive la sceneggiatura. E la passa al disegnatore. In un fumetto popolare, mensile o giù di lì, si trovano a dover lavorare contemporaneamente più disegnatori. Un fumetto di 100 pagine non si disegna in un mese (anche se qualcuno l'ha fatto), in teoria nemmeno in tre mesi (anche se qualcuno ne va fiero), e se deve uscire un numero ogni mese, si ritrovano a lavorare negli stessi giorni almeno in 4 o 5 disegnatori. Che inviano le tavole disegnate, e vengono pagati di conseguenza.

Ecco, a chi le mandano? In posta o in modo digitale? A qualcuno che dovrebbe tenere il contro della produzione, delle date, dei giorni che mancano alla scadenza. Che una volta ricevute per posta le invia al letterista, che provvede e mettere i testi. Che andranno letti, e controllati. E una volta completata la storia la rilegge più volte, cercando incoerenze ed errori. "Un momento" mi interrompe il vigile lettore attento, "Ma questo è quello che fà lo sceneggiatore!" Già, oggi infatti ci pensa lui. E sempre lui tiene conto delle scadenze, il tutto mentre scrive 3 storie per 3 disegnatori che gli mettono fretta.

 Ecco che la nostra figura mancante viene fuori. Perché questa parte del lavoro dovrebbe essere lui a farla, il nostro redattore mancante. Uno che magari sia disposto a passare l'intera giornata ad esaminare la storia letterata, per controllare se tutto sia chiaro e a posto. Il tutto mentre risponde al telefono che squilla.

Sapete quante volte capita che un'autore si costruisca una vicenda, si faccia tutte le domande e si dia le risposte, e poi una volta che cominci a scrivere si dimentichi di metterle tutte? Che si scordi di dire o dare una soluzione, convinto che sia tutto chiaro? Perché è assolutamente convinto di averla data, perché sa di averci pensato tanto, di aver inventato una soluzione perfetta? 

Esempio: il redattore legge la storia completata, e alla fine dice "Ma qui manca il movente del delitto." Lo sceneggiatore dice che c'è, che il poliziotto lo dice chiaramente. Ma poi va a controllare e vede che... che all'ultimo momento ha cambiato un dialogo, e senza farci caso ha tolto quell'indizio importante. Ma a potersene accorgere sarà più facile che ci riesca qualcuno che legge quella storia per la prima volta. Il motivo per cui una storia a fumetti (ma vale anche per i romanzi) andrebbe sempre riletta più volte da più persone (vecchia regola bonelliana). Altrimenti i forum si riempiranno di lettori che si divertiranno a trovare errori e incongruenze. Ecco, il redattore è il primo occhio critico. Ma in fondo, a pensarci bene non serve. Ci può benissimo pensare lo sceneggiatore, mentre scrive contemporaneamente 4 storie per 4 disegnatori indaffarati. O farla leggere (senza impegno, ma fate PRESTO, per cortesia) agli amici, ai parenti, alla fidanzata, o al suo panettiere fumettofilo.

Il nostro redattore dovrebbe tenere anche un occhio sui disegni. Presumendo che abbia una buona competenza del fumetto, si accorgerà che un disegnatore sta "tirando via" (lo fanno, lo fanno, i disegnatori sono esseri umani, con tutti i difetti e i pregi che questo comporta), o sta usando un valido e anonimo aiutante per gli sfondi. Oppure ritarda inspiegabilmente le consegne. E quindi all'occorrenza il nostro redattore si trasforma in detective, indaga e si informa, perché questo potrebbe pregiudicare la qualità del lavoro. Un disegnatore si ammala e non può disegnare per tre settimane? E la sua storia è a rischio di non finire in tempo? Chi prende provvedimenti, indaga su chi altri potrebbe proseguire la storia, se non fosse proprio possibile posticiparla? Che si tiene tutti gli schemini e le date su un cartello a parete?

Già. Ma tutto questo può farlo anche lo sceneggiatore, nei momenti liberi che gli permette il lavori di scrivere 5 storie per 5 disegnatori impegnati, per cui il redattore a che serve?

Vediamo. Ad acquisire i disegni e prepararli per la stampa, forse? Be, certo, qualcuno ci deve pensare, no? O a ricevere le spedizioni dei disegnatori, a fotocopiare o a scannerizzare il tutto. "Non si pensano i disegnatori?" chiede il lettore volenteroso. Oh, si, infatti devono anche contrastare i disegni perchè siano pronti per la stampa. Laddove una volta non era compito loro. O ci pensa il nostro caro sceneggiatore, nel tempo libero che gli lascia lo scrivere con difficoltà 6 storie per 6 disegnatori esigenti.

E se poi il disegnatore ha copiato da altri fumetti? In maniera modesta o del tutto intenzionale? A chi tocca mai fargli il cazzettone d'obbligo?

Sempre lo sceneggiatore, nelle pause per i pasti che riesce a conquistarsi mentre scrive 7 storie per 7 disegnatori nel panico.

Va bene, ma e allora chi risponde ai disegnatori giovani e volenterosi che telefonano e inviano i loro disegni, ai giovani e aspiranti scrittori che inviano le loro logorroiche e rivoluzionarie trilogie? Chi legge e guarda tutto, per correttezza verso costoro? Per potere con cognizione di causa consigliare parte di loro di darsi alla nobile arte dell'ippica, oppure ad altri di insistere perché qualcosa di buono, anche se ancora immaturo, c'è?

"Lo so, lo so!" dice il lettore scanzonato, "Ci pensa lo SCENEGGIATORE!"

Accidenti. Non ti si può davvero nascondere nulla. Già, in fondo può pensarci davvero lui, mentre scrive 8 dannatissime storie per 8 maledettissimi disegnatori che hanno fretta.

Be, allora sì. Allora davvero non serve (uno stipendio da dipendente in meno). Così come non serve una redazione (un affitto in meno). La redazione può benissimo diventare la casa dello sceneggiatore, negli spazi che si ritaglia scrivendo 9 complicatissime storie per 9 disegnatori stakanovisti, e con i soldi che guadagna può anche permettersi di pagare il telefono per tutte le volte che ha chiamato il disegnatore che si è trasferito in Islanda.

Ecco, adesso magari, la prossima volta che un lettore si lamenta che uno sceneggiatore sta perdendo colpi, o che non scrive più come un tempo, si prenda 5 minuti per riflettere e ragionarci sopra, e poi si dia la risposta da solo. Se poi non la trova non c'è problema, vorrà dire che ho solo perso 20 minuti a scrivere un post che magari è inutile, poffare. Anzichenò.

Sì, sì, come diceva una vecchissima pubblicità, "Sembra facile!"

Facilissimo, come no?



PS: Be, in fondo tutto questo (e molto di più) potrebbe farlo anche un'altra figura mancante, l'editor.  Ma pure di lui pare si possa fare a meno. Ma questo lo vedremo in un altro post.

giovedì 9 settembre 2010

Siamo tutti potenziali bombe atomiche


Ogni tanto pure la classica flemma da disegnatore per bene, quello che fa i disegnini per tutti, che risponde a tutte le domande, che ha la pazienza di ascoltare qualcuno più nerd di lui (sì, esistono), ogni tanto cede. E tale disegnatore riceve dal suo intestino sottosopra un sottile pensiero, una voce sussurrante che gli sibila nell'orecchio una parolina delicata: "Mandalo affanzùm!".

Ma che cosa mai può scatenare cotanta reazione in una personcina per bene come il nostro caro disegnatore?

Oh, molte cose, ma alcuna più delle altre.

Tizio Caio, aspirante disegnatore in erba, si avvicina gatton gattoni al disegnatore educato. Gli chiede se vuole guardare i suoi disegni, e magari darti qualche consiglio. Il disegnatore ammodo accetta volentieri, e guarda. Osserva quei disegni, volta le pagine, e si pone un problema:

il disegno è diverso da persona è persona. Per cui magari non mi piace lo stile ma che importa - in fondo non gli piace nemmeno lo stile di una parte dei fumetti Marvel. Per cui non potrà dare un giudizio sullo stile, ma sull'insieme. Perché quello stile magari si evolverà spontaneamente in qualcosa di straordinario, e non puoi saperlo. Allora, a meno di casi estremi senza speranza (si, esistono anche quelli) puoi far notare quelli che sono dei classici difetti topici: mani troppo grandi, proporzioni sballate eccetera; oppure guardare la narrazione. Se lavori nell'ambiente da tempo, se hai disegnato più di mille pagine, se hai continuato a essere critico verso te stesso, te ne accorgerai senz'altro. Il nostro disegnatore cortese osserva la pagina e nota che la narrazione non funziona. L'eroe Bobo è in un appartamento al telefono in una vignetta, e subito dopo è all'interno di un'auto, e poi da un'altra parte.

Il disegnatore paziente fa notare questo errore, spiegando che certi salti temporali non si usano, perché creano confusione, che in questi casi aiuta dare al lettore anche gli spazi dell'azione. E che quindi che per esempio potrebbe disegnare anche l'auto che percorre la strada. 

Oppure il giovane asordiente sovrappone vignette con inquadrature uguali, senza usare controcampi. Il disegnatore in erba ascolta assorto, acconsente con un gesto della testa, e poi, sul più bello sguaina la cavolata suprema. La parola che distrugge tutta la complicità che c'era nall'aria fino a quel momento.

Dice "Ma a me piace così."

Punto. La risposta definitiva, quella che non ammette repliche. Quella che  dice al disegnatore ormai irrimediabilmente alterato una cosa che suona più o meno come "Non m'importa di questo consiglio che mi hai dato, ne di qualunque altro tu possa darmi, a dire la verità, perché io sono già imparato."

Rientro nel mio corpo e riprendo a parlare di me, il concetto ormai l'ho spiegato. Quando capita a me, la mia risposta è sempre la stessa: "Allora perché chiedi consigli?".

Tu ti sforzi di fare il signor Spock, di discutere con logica e tagliare il capello in quattro, e dall'altra parte preferiresti avere un'Horta  piuttosto che il giovane dotato che ti trovi sorridente di fronte. Ma tu cercavi di fare ne più ne meno la stessa cosa che l'insegnante di disegno aveva fatto con te nei tuoi anni scolastici, quando ti aveva visto fare gli sfumini con le dita sulla grafite. Con pazienza ti spiegava che così 1) non riuscivi a fare una superfice uniforme più grande e 2) quell'effetto non avresti potuto farlo con l'inchiostro. La ragione sull'irrazionalità. Accidenti. E' vero. Perchè non ci ero arrivato da solo? E correvi ai ripari.

Il redattore di riferimento ti fa notare che Jonathan spara con la destra in una vignetta e con la sinistra nell'altra? Cavolo, è vero, devo aggiustare. La tua auto tiene la sinistra e non sei a Londra: errore, devo aggiustare. Hai disegnato sette dita ad un uomo: Ma come diavolo ho fatto?

Ecco, quando fai questo mestiere devi sapere che ci sono persone di cui ti puoi fidare che ti faranno notare gli errori, affinché tu possa correggerli. NON per dirti che sei uno stupido.

Anni fa, prima che andassero ormai tutti in pensione, tornai nella mia scuola superiore per salutare i miei vecchi insegnanti. E nel bel mezzo di una lezione vedo il mio insegnante di disegno dal vero avvicinarsi ad un ragazzo e fargli notare che stava facendo un errore, così come aveva fatto con me ed altri studenti volenterosi a suo tempo.

La risposta dello studente questa volta fu "Ma a me piace così."

Ecco la mia piccola preghiera: se un giorno vi capita di vedermi assorto dietro un banchetto a disegnare e mi volete chiedere un consiglio (ma sono sicuro che la cosa vale anche per tutti i miei colleghi) , vi prego: quando avrò dato il consiglio espressamente richiesto, non rispondete "Ma a me piace così." Altrimenti prima o poi finirò per fare il botto...

Bum. Crash. Zoom.

Gulp!

domenica 5 settembre 2010

Carpe Diem


La Selfarea è una delle migliori iniziative degli ultimi anni riguardo alle fiere del fumetto. Istituita a Luccacomics (& Games) tre anni fa, su proposta e gestione del Centro fumetto Andrea Pazienza, prevede uno spazio a disposizione delle autoproduzioni ad un prezzo ridotto rispetto a quello degli standisti normali, il tutto all'interno di una fiera di grande richiamo come Lucca.

Su questa esperienza scriverò prima o poi un pezzo, ma al momento voglio concentrarmi su un dettaglio della scorsa edizione (novembre 2009). Ogni anno viene organizzata all'interno della selfarea un'iniziativa che vorrebbe coinvolgere i gruppi presenti. Questa volta veniva chiesto di comporre una vignetta di una storia in continuazione (più o meno, poi ognuno inventa di suo e viola le regole, come insegna Moebius). All'uopo era stato ricavato uno spazio all'interno del capannone, dove un cavalletto e dei cartoncini bianchi, assieme a colore acrilico nero e pennelli, attendevano di venire utilizzati dai giovani artisti. 

Nei tre giorni della fiera io ero sempre di corsa. Allo stand di Anjce ci davamo il cambio con Miriam quando possibile, e ogni tanto uno dei ragazzi dello staff ci chiedeva se volevamo fare un disegno pure noi, e ogni volta che magari io avevo tempo il cavalletto era già occupato, dove altre volte invece il tempo mi mancava del tutto.

E poi arriva domenica sera. La gente comincia a sbaraccare, si fanno i conti, si raccolgono le autoproduzioni e si staccano i poster, e c'è una grande bolgia di gente e scatoloni. E quando entro mi soffermo a osservare i disegni, e comincio a pensare che è un peccato non essere riusciti a farne parte. I disegni attaccati alla parete sono davvero belli, ognuno diverso dagli altri, mille stili differenti, dall'astratto al fotografico, da quello buffo a quello cubista, uno spettacolo per gli occhi 

Però...

Però adesso il cavalletto è vuoto. Si, c'è una gran bolgia, ma volendo... si, ma poi che idea mi faccio venire? E sia, decido di sfruttare quei pochi minuti per fare il disegno promesso. "Guarda gli altri e cerca di continuarli..." mi suggerisce un ragazzo dello staff, apparentemente soddisfatto che alla fine pure io partecipi.

In pochi secondi che ti fai venire in mente? In questo caso una semplice estrapolazione: "Storia a fumetti - inizio - svolgimento - finale". Ecco, scrivo la fine. E lo faccio in maniera veloce (non ho una matita per abbozzare, mi arrangerò). Il pennello è medio, ma è saturo di colore fino a metà del manico, nessuno deve aver pensato di pulirlo dopo il suo utilizzo, o semplicemente è rimasto appoggiato all'interno del barattolo dell'acqua (una mezza bottiglia di plastica tagliata a metà) troppo a lungo. Benvenuto Cellini riuscì a far sembrare un'impresa titanica la fusione della statua del Perseo nel fondamentale testo La vita ("fondamentale" per chi studi storia dell'Arte, beninteso), io non ci proverò nemmeno a descrivere quei 10 minuti, con tutti che ti passano vicino portando qualcosa. 

E poi in fondo è stato divertente. E la mia idea per finire non era niente male.

La foto in apertura l'ho fatta pochi minuti dopo aver terminato il disegno, che è ancora sul cavalletto, poco prima che venissero a smontare tutto, e riuscendo ad aprofittare di un raro momento in cui non c'era folla. Quello in alto è il penultimo, il mio, ovviamente, l'ultimo.

Ecco uno dei motivi per cui i disegnatori ogni tanto aprono un blog: per raccontare storie simili e mostrare questi momenti, che altrimenti andrebbero perduti.

Da allora, ogni tanto mi capita, sopratutto mente aspetto che un semaforo diventi verde o facendo la fila in posta (oppure mentre qualcuno cerca di convincermi con abile dialettica che la sua gestalt è migliore della mia), ebbene in casi simili capita che la mia mente si inerpichi in variopinte astrazioni ed elittiche virtuosità, e improvvisamente decida di sfoderarmi delle domande fondamentali. E di colpo ti viene voglia di trovare le risposte a quesiti come "Perchè facciamo quello che facciamo?", "Che fine avranno fatto i disegni fatti nella selfarea?" oppure "Che cacchio metto come testata del blog?".

Poi il semaforo diventa verde, arriva il tuo turno alla fila in posta e squilla il cellulare del persuasore scassamaroni, e i tuoi cicli di pensiero riprendono il loro normale e rilassante schema analogico.

E quando trovi la testata per il blog, e rifletti che in fondo non è poi così importante sapere perchè fai quello che fai, ti rimane ancora una domanda alla quale cerchi risposta: che fine han fatto i disegni della selfarea? Qualcuno ne farà una pubblicazione? Qualcuno le ha fotografate e messe on-line? Qualcuno dei visitatori della selfarea si è soffermato a guardarli?

Variopinte astrazioni ed elittiche virtuosità, appunto...

giovedì 2 settembre 2010

Volevo essere Stanley Kubrick...

Era da un po' che questo volevo postarlo da qualche parte, ma al di fuori del mio pc non era mai stato possibile. Potevo metterlo su Facebook, ma la visione sarebbe stata limitata ai soli frequentatori. Youtube? Troppo dispersivo. E poi scopro che nel blog posso mettere anche i filmati.

Okay, allora cominciamo con questo. Aprile 2010, come se fossi a Report, ecco il tour del Comicon di Napoli. Consigliata la visione in stanza buia, poichè la luce nel filmato è davvero bassa.

Buon divertimento...

      

martedì 31 agosto 2010

Ogni tanto riaffiorano

Già, ogni tanto viene voglia di andare su Google, inserire il proprio nome, e scoprire che nulla è cambiato. Che diamine, mica sono Alex Raymond in fondo, è normale vedere sempre i soliti link. I fumettisti non sono personaggi da gossip, ne' Rockstar (quelli "normali" intendo), e comunque avranno sempre più pagine a loro dedicate del signor Rossi, Valentino escluso...

Il primo link riporta alla Wikipedia , una pagina che scoprì esistere un po' di anni fà, quando mi squillò il telefono. "Dimmi un po, ma l'hai aperta tu quella pagina sulla wikipedia, vero?" mi domanda mio nipote Federico, che l'ha scoperta. Io cado dalle nuvole, nego, e poi corro a leggere e scopro che qualche anima pia ha inserito me e altri disegnatori, con informazioni abbastanza corrette. Si, confesso che ho "aggiustato" un paio di cose nella voce, giusto per amor di precisione. Così come ho corretto anche un paio di collegamenti ai disegnatori nella pagina degli albi di Jonathan Steele, assenti in origine. E il mio contributo alla Wikipedia si esaurisce qui.

Ricordo che nel momento in cui scoprì la voce a me dedicata, la pagina era sotto osservazione poichè qualcuno aveva contestato la sua presenza. Anche mio nipote intervenne in favore mio e dei fumettisti in generale (ti ho mai ringraziato abbastanza Federico?), e dopo un anno la contestazione scomparve. E dopo 10 righe l'autore di questa nota si accorge che in effetti non era della wikipedia che voleva parlare nel post, ma da cosa nasce cosa, si sa.

Comunque, una delle voci presenti nella prima pagina riporta ad un intervista che fece un'amica di Roma a me e all'amico Carlo Recagno, ormai nel lontano 2006, per la rivista telematica Terre di Confine. Carlo la ricorda ancora felicemente come "La seconda volta che m'intervistarono". 

Bè, per i curiosi e i feticisti dei fumettisti (esistono, esistono), una lettura è consigliata, anche se Carlo non rivela nessuno scoop riguardo Martin Mystére. 

La decima voce di Google sotto la ricerca del mio nome, porta a Lambiek.com. E questa si che è una sorpresa, visto che 1) il database disegnatori è internazionale e immenso, e sopratutto 2) sono riusciti a trovare chissà come una vignetta apparsa solo sulla fanzine italiana di Startrek!




sabato 28 agosto 2010

I disegnatori sono gente "strana"...

Quante volte mi è capitato di rileggere storie disegnate da tempo e accorgermi che Jonathan Steele sparava tenendo la pistola con la sinistra? Fa il paio con tutte le volte che me ne sono accorto al tavolo da lavoro, ed essendo ancora in tempo potevo cancellare senza alcuna pietà quell'errore distratto. Ecco, se ogni tanto qualche collezionista di matite originali ha sentito un brivido freddo lungo la schiena ed è andato a sincerarsi che le sue preziose tavole non perdessero la grafite, bene, ora sa chi ha provocato quel breve attimo di panico.

La colpa è sempre della nostra solita abitudine - derivata probabilmente dal Jack Lemmon disegnatore di fumetti di "Come uccidere vostra moglie" - di copiare noi stessi, almeno in certe occasioni. Certo, è indubbio che un bravo disegnatore debba sapere disegnare una figura umana dalla testa ai piedi, ben proporzionata, con un buon equilibrio, in una posizione coerente a quello che la narrazione richiede, e possibilmente accattivante. Le lezioni di Hogart sulla figura umana una volta imparate non ti abbandonano, e sebbene ogni tanto ti scappi una posa alla Tarzan, il più delle volte ti aiuta a cavartela in situazioni delicate (da disegnare, cosa avevate capito?).

Ma ogni tanto, solo qualche volta, per certi dettagli è bene, utile e caldamente consigliato il copiare qualcosa. Si usa quando hai a che fare con un oggetto, un'aereo, un automobile oppure una pistola. Quando hai una macchina devi disegnare bene la persona al volante, con le spalle nel posto giusto, le braccia tese ma non troppo, il sedile a quella distanza eccetera. E se hai qualcuno che spara con la pistola devi fare anche la mano, e se la mano è in primo piano, e si vedono tutte le nocche (due per dito, per 5 dita, 4 almeno sempre visibili da un'inquadratura), e devono essere della lunghezza giusta, e poi ci deve essere il braccio, e la spalla, e la giacca che cade dalla spalla, e non puoi usare un'action figure perchè quelle hanno la spalla roteante, come Goldrake, tanto per intenderci, e disegnare Goldrake che spara in un fumetto realistico non è ideale.

Per cui prendi la pistola in mano. Finta naturalmente. La pistola, non la mano. Con la sinistra, naturalmente, perchè nella destra hai la matita. E non te ne accorgi, maledizione, non ci pensi, disegni e basta e se ti sfugge allora speri che qualcuno sappia che esistono le persone ambidestre, e che quindi è assolutamente possibile che possano essere tra i protagonisti di un fumetto.

Altrimenti, se sei cosciente del problema e vuoi evitarlo, allora ti ingegni. A scattare una foto. Se hai un volontario sei a posto, altrimenti, se non sei Alec Ross (che ha tanti amici volenterosi),  allora devi fare da solo. Ti metti in posa, prepari la macchina fotografica, scatti, e guardi il risultato. Certo, sulla digitale, ci serve subito il risultato.

Troppo vicino. Troppo lontano. Troppo scuro. Che importa se hai la barba lunga o sei spettinato e ti si intravede la pelata? Tanto serve solo a te.

Com'è il titolo del post? Gente strana? Appunto...

Questa risale qualche settimana fa. E ignoro se un giorno qualcuno mai troverà dov'è finita quella vignetta così accattivante. 

E adesso non chiedetemi più dove trovo le fonti di ispirazione...


Piccola postilla: ho cambiato le impostazioni per inserire i commenti, ora possono farlo anche coloro non iscritti a Google. Chiedo solo una cortesia, firmatevi nel messaggio, perchè il settaggio vi inserisce tutti come anonimi. Grazie della vostra cortesia, guidate piano e non siate violenti...


giovedì 26 agosto 2010

C'era una volta un fax...

I raccoglitori con i disegni originali, le pagine di sceneggiatura e tutti gli schizzi che servirono a suo tempo, sono impilati di fianco, belli verticali. Qualcuno con l'etichetta in cui segnavo cosa conteneva. Altri senza, perchè il contenuto cambiava a seconda di quanta roba dovevo stivare via. Aprirli per carcare qualcosa è un'impresa. Tirar fuori tutti quei fogli, sfogliarli per cercare quel disegno in particolare... no, troppo impegnativo.

Quindi ripiego sui vecchi CD, pieni di roba digitalizzata a suo tempo. Nel momento in cui cominci a convertirti all'era digitale, quando capisci il fax, che tanto fedelmente ti ha servito così a lungo per mantenere i contatti con la redazione, di lì a poco non avresti più avuto occasione di usarlo, diventando obsoleto, sostituito da più efficaci sistemi digitali. Un'epoca nuova, in cui si fa prima a caricare sul computer un CD e scorrere le sue immagini con un tasto, che aprire un vecchio raccoglitore. 

E le immagini scorrono, come fossero una macchina del tempo che va all'indietro, riportandoti in un'epoca in cui il futuro era un territorio inesplorato, in cui non vedevi l'ora di cominciare ad esplorare. Così piano piano vedi disegni che hai fatto tanto tempo fa, e che hai mandato via fax in quello che ormai viene definito il "secolo precedente".

Come questo disegno qui. Che rimane un mistero del perchè sia stato il fax e venire scannerizzato e non l'originale. Questo fax arrivò in Bonelli il 12 novembre del 1999, all'attenzione di Federico, che aveva commissionato la creazione qualche giorno prima. Credo di ricordare che ne fu soddisfatto.

Una delle mie creazioni per Jonathan Steele, tra quelle di cui ero più (e lo sono ancora) soddisfatto, qui nella forma in cui venne mandata ai colleghi, via fax. Per qualche anno ancora continuai a sperare che um giorno la Burago avrebbe potuto chiamare Federico, o qualcuno in Bonelli... chiedendo se poteva fare il modellino dell'auto di Myriam: la "Cezanne".



Anni dopo la Renault chiamò un'automobile "Picasso". Forse non ci ero andato troppo lontano con le anticipazioni sul futuro. Poi, molto poi, la serie chiuse. E qualche tempo dopo la Burago venne rilevata dai cinesi...

mercoledì 25 agosto 2010

Un altro Blog.

Già, ecco un altro disegnatore, come se non fossero già troppi, che decide di aprire un blog, per aprirsi pure lui al grande mondo della rete. Perchè facebook in fondo è piccolina, perchè l'idea mi girava per la testa da un po', e perchè alla fine mi è venuta l'idea per la testata. la mente degli esseri umani è strana, segue vie contorte, e quella dei disegnatori lo è ancora di più.

A cosa serve un blog ad un disegnatore? Per esempio a tenere informati gli amici, gli appassionati e il mondo intero (i fumettisti sono notoriamente megalomani) su tutto ciò che produce e semina in giro. "O a raccontare i fatti tuoi!" mi sussurra una vocina.

I fatti miei? Cosa ho mangiato, cosa ho visto al cinema, quale videogioco ho completato? A chi potrebbe interessare sapere che ho abbandonato Lara Croft nei sotterranei del Louvre, solo perchè non trovavo un maledetto simbolo, o che ho risolto Monkey Island II solo grazie alle soluzioni (comprese nel gioco, ma si può??)? 

Vabbè, sulla forma sto lavorando, aggiungendo quà e là nei prossimi giorni qualche dettaglio dove servirà, mentre sui contenuti lavoreremo.

E pubblicherò anche un po' di materiale, magari inedito, vai a sapre cosa succederà domani. Per cominciare credo sia utile qualcosa di importante, che non stona mai, come un vestito che ti sta sempre bene, al quale ti affezioni più che agli altri. 

E poi, come disse qualche sognatore tanto tempo fa, la prima Enterprise non si scorda mai...