martedì 21 settembre 2010

Figure mancanti

Già. In questi giorni, guardandosi intorno nel mare del mondo del fumetto in Italia, sembra di vedere delle costanti un po' ovunque. Osservi, guardi, pensi, e ti rendi conto che nel mondo degli editori minori mancano molto spesso delle figure importanti. Considerate magari superflue, non necessarie, di cui si può fare a meno quando si tratta di limitare le spese. Uno stipendio in meno. Soldi risparmiati, tanto il fumetto "riesce bene comunque". Vediamo di non lasciarli scomparire nell'indifferenza.

E cominciamo da una figura molto particolare. Si, perché parliamo del redattore, questo sconosciuto.

"Chi è mai, costui? Cosa fa? Perché mai qualcuno ne dovrebbe sentire la mancanza?" domanda il lettore ragionevole.

Be, vediamo. Un redattore che si rispetti, tanto per cominciare lavora in una redazione, per esempio. Con un telefono magari. Ecco il primo problema: se manca il redattore, se possiamo a fare a meno di lui, a che diavolo serve una redazione? Si può fare a meno, certamente. E anche del suo telefono.

Ma (appunto) chi è? Che cosa fa esattamente? Come si colloca in un processo editoriale che porta a realizzare un fumetto popolare?

Proviamo a rispondere. In un fumetto ci deve essere uno sceneggiatore. Che spesso è anche il soggettista. Poi c'è il disegnatore. E il letterista. E l'editore, e lo stampatore, e il distributore, e l'edicolante, eccetera.

Lo sceneggiatore scrive la sceneggiatura. E la passa al disegnatore. In un fumetto popolare, mensile o giù di lì, si trovano a dover lavorare contemporaneamente più disegnatori. Un fumetto di 100 pagine non si disegna in un mese (anche se qualcuno l'ha fatto), in teoria nemmeno in tre mesi (anche se qualcuno ne va fiero), e se deve uscire un numero ogni mese, si ritrovano a lavorare negli stessi giorni almeno in 4 o 5 disegnatori. Che inviano le tavole disegnate, e vengono pagati di conseguenza.

Ecco, a chi le mandano? In posta o in modo digitale? A qualcuno che dovrebbe tenere il contro della produzione, delle date, dei giorni che mancano alla scadenza. Che una volta ricevute per posta le invia al letterista, che provvede e mettere i testi. Che andranno letti, e controllati. E una volta completata la storia la rilegge più volte, cercando incoerenze ed errori. "Un momento" mi interrompe il vigile lettore attento, "Ma questo è quello che fà lo sceneggiatore!" Già, oggi infatti ci pensa lui. E sempre lui tiene conto delle scadenze, il tutto mentre scrive 3 storie per 3 disegnatori che gli mettono fretta.

 Ecco che la nostra figura mancante viene fuori. Perché questa parte del lavoro dovrebbe essere lui a farla, il nostro redattore mancante. Uno che magari sia disposto a passare l'intera giornata ad esaminare la storia letterata, per controllare se tutto sia chiaro e a posto. Il tutto mentre risponde al telefono che squilla.

Sapete quante volte capita che un'autore si costruisca una vicenda, si faccia tutte le domande e si dia le risposte, e poi una volta che cominci a scrivere si dimentichi di metterle tutte? Che si scordi di dire o dare una soluzione, convinto che sia tutto chiaro? Perché è assolutamente convinto di averla data, perché sa di averci pensato tanto, di aver inventato una soluzione perfetta? 

Esempio: il redattore legge la storia completata, e alla fine dice "Ma qui manca il movente del delitto." Lo sceneggiatore dice che c'è, che il poliziotto lo dice chiaramente. Ma poi va a controllare e vede che... che all'ultimo momento ha cambiato un dialogo, e senza farci caso ha tolto quell'indizio importante. Ma a potersene accorgere sarà più facile che ci riesca qualcuno che legge quella storia per la prima volta. Il motivo per cui una storia a fumetti (ma vale anche per i romanzi) andrebbe sempre riletta più volte da più persone (vecchia regola bonelliana). Altrimenti i forum si riempiranno di lettori che si divertiranno a trovare errori e incongruenze. Ecco, il redattore è il primo occhio critico. Ma in fondo, a pensarci bene non serve. Ci può benissimo pensare lo sceneggiatore, mentre scrive contemporaneamente 4 storie per 4 disegnatori indaffarati. O farla leggere (senza impegno, ma fate PRESTO, per cortesia) agli amici, ai parenti, alla fidanzata, o al suo panettiere fumettofilo.

Il nostro redattore dovrebbe tenere anche un occhio sui disegni. Presumendo che abbia una buona competenza del fumetto, si accorgerà che un disegnatore sta "tirando via" (lo fanno, lo fanno, i disegnatori sono esseri umani, con tutti i difetti e i pregi che questo comporta), o sta usando un valido e anonimo aiutante per gli sfondi. Oppure ritarda inspiegabilmente le consegne. E quindi all'occorrenza il nostro redattore si trasforma in detective, indaga e si informa, perché questo potrebbe pregiudicare la qualità del lavoro. Un disegnatore si ammala e non può disegnare per tre settimane? E la sua storia è a rischio di non finire in tempo? Chi prende provvedimenti, indaga su chi altri potrebbe proseguire la storia, se non fosse proprio possibile posticiparla? Che si tiene tutti gli schemini e le date su un cartello a parete?

Già. Ma tutto questo può farlo anche lo sceneggiatore, nei momenti liberi che gli permette il lavori di scrivere 5 storie per 5 disegnatori impegnati, per cui il redattore a che serve?

Vediamo. Ad acquisire i disegni e prepararli per la stampa, forse? Be, certo, qualcuno ci deve pensare, no? O a ricevere le spedizioni dei disegnatori, a fotocopiare o a scannerizzare il tutto. "Non si pensano i disegnatori?" chiede il lettore volenteroso. Oh, si, infatti devono anche contrastare i disegni perchè siano pronti per la stampa. Laddove una volta non era compito loro. O ci pensa il nostro caro sceneggiatore, nel tempo libero che gli lascia lo scrivere con difficoltà 6 storie per 6 disegnatori esigenti.

E se poi il disegnatore ha copiato da altri fumetti? In maniera modesta o del tutto intenzionale? A chi tocca mai fargli il cazzettone d'obbligo?

Sempre lo sceneggiatore, nelle pause per i pasti che riesce a conquistarsi mentre scrive 7 storie per 7 disegnatori nel panico.

Va bene, ma e allora chi risponde ai disegnatori giovani e volenterosi che telefonano e inviano i loro disegni, ai giovani e aspiranti scrittori che inviano le loro logorroiche e rivoluzionarie trilogie? Chi legge e guarda tutto, per correttezza verso costoro? Per potere con cognizione di causa consigliare parte di loro di darsi alla nobile arte dell'ippica, oppure ad altri di insistere perché qualcosa di buono, anche se ancora immaturo, c'è?

"Lo so, lo so!" dice il lettore scanzonato, "Ci pensa lo SCENEGGIATORE!"

Accidenti. Non ti si può davvero nascondere nulla. Già, in fondo può pensarci davvero lui, mentre scrive 8 dannatissime storie per 8 maledettissimi disegnatori che hanno fretta.

Be, allora sì. Allora davvero non serve (uno stipendio da dipendente in meno). Così come non serve una redazione (un affitto in meno). La redazione può benissimo diventare la casa dello sceneggiatore, negli spazi che si ritaglia scrivendo 9 complicatissime storie per 9 disegnatori stakanovisti, e con i soldi che guadagna può anche permettersi di pagare il telefono per tutte le volte che ha chiamato il disegnatore che si è trasferito in Islanda.

Ecco, adesso magari, la prossima volta che un lettore si lamenta che uno sceneggiatore sta perdendo colpi, o che non scrive più come un tempo, si prenda 5 minuti per riflettere e ragionarci sopra, e poi si dia la risposta da solo. Se poi non la trova non c'è problema, vorrà dire che ho solo perso 20 minuti a scrivere un post che magari è inutile, poffare. Anzichenò.

Sì, sì, come diceva una vecchissima pubblicità, "Sembra facile!"

Facilissimo, come no?



PS: Be, in fondo tutto questo (e molto di più) potrebbe farlo anche un'altra figura mancante, l'editor.  Ma pure di lui pare si possa fare a meno. Ma questo lo vedremo in un altro post.

giovedì 9 settembre 2010

Siamo tutti potenziali bombe atomiche


Ogni tanto pure la classica flemma da disegnatore per bene, quello che fa i disegnini per tutti, che risponde a tutte le domande, che ha la pazienza di ascoltare qualcuno più nerd di lui (sì, esistono), ogni tanto cede. E tale disegnatore riceve dal suo intestino sottosopra un sottile pensiero, una voce sussurrante che gli sibila nell'orecchio una parolina delicata: "Mandalo affanzùm!".

Ma che cosa mai può scatenare cotanta reazione in una personcina per bene come il nostro caro disegnatore?

Oh, molte cose, ma alcuna più delle altre.

Tizio Caio, aspirante disegnatore in erba, si avvicina gatton gattoni al disegnatore educato. Gli chiede se vuole guardare i suoi disegni, e magari darti qualche consiglio. Il disegnatore ammodo accetta volentieri, e guarda. Osserva quei disegni, volta le pagine, e si pone un problema:

il disegno è diverso da persona è persona. Per cui magari non mi piace lo stile ma che importa - in fondo non gli piace nemmeno lo stile di una parte dei fumetti Marvel. Per cui non potrà dare un giudizio sullo stile, ma sull'insieme. Perché quello stile magari si evolverà spontaneamente in qualcosa di straordinario, e non puoi saperlo. Allora, a meno di casi estremi senza speranza (si, esistono anche quelli) puoi far notare quelli che sono dei classici difetti topici: mani troppo grandi, proporzioni sballate eccetera; oppure guardare la narrazione. Se lavori nell'ambiente da tempo, se hai disegnato più di mille pagine, se hai continuato a essere critico verso te stesso, te ne accorgerai senz'altro. Il nostro disegnatore cortese osserva la pagina e nota che la narrazione non funziona. L'eroe Bobo è in un appartamento al telefono in una vignetta, e subito dopo è all'interno di un'auto, e poi da un'altra parte.

Il disegnatore paziente fa notare questo errore, spiegando che certi salti temporali non si usano, perché creano confusione, che in questi casi aiuta dare al lettore anche gli spazi dell'azione. E che quindi che per esempio potrebbe disegnare anche l'auto che percorre la strada. 

Oppure il giovane asordiente sovrappone vignette con inquadrature uguali, senza usare controcampi. Il disegnatore in erba ascolta assorto, acconsente con un gesto della testa, e poi, sul più bello sguaina la cavolata suprema. La parola che distrugge tutta la complicità che c'era nall'aria fino a quel momento.

Dice "Ma a me piace così."

Punto. La risposta definitiva, quella che non ammette repliche. Quella che  dice al disegnatore ormai irrimediabilmente alterato una cosa che suona più o meno come "Non m'importa di questo consiglio che mi hai dato, ne di qualunque altro tu possa darmi, a dire la verità, perché io sono già imparato."

Rientro nel mio corpo e riprendo a parlare di me, il concetto ormai l'ho spiegato. Quando capita a me, la mia risposta è sempre la stessa: "Allora perché chiedi consigli?".

Tu ti sforzi di fare il signor Spock, di discutere con logica e tagliare il capello in quattro, e dall'altra parte preferiresti avere un'Horta  piuttosto che il giovane dotato che ti trovi sorridente di fronte. Ma tu cercavi di fare ne più ne meno la stessa cosa che l'insegnante di disegno aveva fatto con te nei tuoi anni scolastici, quando ti aveva visto fare gli sfumini con le dita sulla grafite. Con pazienza ti spiegava che così 1) non riuscivi a fare una superfice uniforme più grande e 2) quell'effetto non avresti potuto farlo con l'inchiostro. La ragione sull'irrazionalità. Accidenti. E' vero. Perchè non ci ero arrivato da solo? E correvi ai ripari.

Il redattore di riferimento ti fa notare che Jonathan spara con la destra in una vignetta e con la sinistra nell'altra? Cavolo, è vero, devo aggiustare. La tua auto tiene la sinistra e non sei a Londra: errore, devo aggiustare. Hai disegnato sette dita ad un uomo: Ma come diavolo ho fatto?

Ecco, quando fai questo mestiere devi sapere che ci sono persone di cui ti puoi fidare che ti faranno notare gli errori, affinché tu possa correggerli. NON per dirti che sei uno stupido.

Anni fa, prima che andassero ormai tutti in pensione, tornai nella mia scuola superiore per salutare i miei vecchi insegnanti. E nel bel mezzo di una lezione vedo il mio insegnante di disegno dal vero avvicinarsi ad un ragazzo e fargli notare che stava facendo un errore, così come aveva fatto con me ed altri studenti volenterosi a suo tempo.

La risposta dello studente questa volta fu "Ma a me piace così."

Ecco la mia piccola preghiera: se un giorno vi capita di vedermi assorto dietro un banchetto a disegnare e mi volete chiedere un consiglio (ma sono sicuro che la cosa vale anche per tutti i miei colleghi) , vi prego: quando avrò dato il consiglio espressamente richiesto, non rispondete "Ma a me piace così." Altrimenti prima o poi finirò per fare il botto...

Bum. Crash. Zoom.

Gulp!

domenica 5 settembre 2010

Carpe Diem


La Selfarea è una delle migliori iniziative degli ultimi anni riguardo alle fiere del fumetto. Istituita a Luccacomics (& Games) tre anni fa, su proposta e gestione del Centro fumetto Andrea Pazienza, prevede uno spazio a disposizione delle autoproduzioni ad un prezzo ridotto rispetto a quello degli standisti normali, il tutto all'interno di una fiera di grande richiamo come Lucca.

Su questa esperienza scriverò prima o poi un pezzo, ma al momento voglio concentrarmi su un dettaglio della scorsa edizione (novembre 2009). Ogni anno viene organizzata all'interno della selfarea un'iniziativa che vorrebbe coinvolgere i gruppi presenti. Questa volta veniva chiesto di comporre una vignetta di una storia in continuazione (più o meno, poi ognuno inventa di suo e viola le regole, come insegna Moebius). All'uopo era stato ricavato uno spazio all'interno del capannone, dove un cavalletto e dei cartoncini bianchi, assieme a colore acrilico nero e pennelli, attendevano di venire utilizzati dai giovani artisti. 

Nei tre giorni della fiera io ero sempre di corsa. Allo stand di Anjce ci davamo il cambio con Miriam quando possibile, e ogni tanto uno dei ragazzi dello staff ci chiedeva se volevamo fare un disegno pure noi, e ogni volta che magari io avevo tempo il cavalletto era già occupato, dove altre volte invece il tempo mi mancava del tutto.

E poi arriva domenica sera. La gente comincia a sbaraccare, si fanno i conti, si raccolgono le autoproduzioni e si staccano i poster, e c'è una grande bolgia di gente e scatoloni. E quando entro mi soffermo a osservare i disegni, e comincio a pensare che è un peccato non essere riusciti a farne parte. I disegni attaccati alla parete sono davvero belli, ognuno diverso dagli altri, mille stili differenti, dall'astratto al fotografico, da quello buffo a quello cubista, uno spettacolo per gli occhi 

Però...

Però adesso il cavalletto è vuoto. Si, c'è una gran bolgia, ma volendo... si, ma poi che idea mi faccio venire? E sia, decido di sfruttare quei pochi minuti per fare il disegno promesso. "Guarda gli altri e cerca di continuarli..." mi suggerisce un ragazzo dello staff, apparentemente soddisfatto che alla fine pure io partecipi.

In pochi secondi che ti fai venire in mente? In questo caso una semplice estrapolazione: "Storia a fumetti - inizio - svolgimento - finale". Ecco, scrivo la fine. E lo faccio in maniera veloce (non ho una matita per abbozzare, mi arrangerò). Il pennello è medio, ma è saturo di colore fino a metà del manico, nessuno deve aver pensato di pulirlo dopo il suo utilizzo, o semplicemente è rimasto appoggiato all'interno del barattolo dell'acqua (una mezza bottiglia di plastica tagliata a metà) troppo a lungo. Benvenuto Cellini riuscì a far sembrare un'impresa titanica la fusione della statua del Perseo nel fondamentale testo La vita ("fondamentale" per chi studi storia dell'Arte, beninteso), io non ci proverò nemmeno a descrivere quei 10 minuti, con tutti che ti passano vicino portando qualcosa. 

E poi in fondo è stato divertente. E la mia idea per finire non era niente male.

La foto in apertura l'ho fatta pochi minuti dopo aver terminato il disegno, che è ancora sul cavalletto, poco prima che venissero a smontare tutto, e riuscendo ad aprofittare di un raro momento in cui non c'era folla. Quello in alto è il penultimo, il mio, ovviamente, l'ultimo.

Ecco uno dei motivi per cui i disegnatori ogni tanto aprono un blog: per raccontare storie simili e mostrare questi momenti, che altrimenti andrebbero perduti.

Da allora, ogni tanto mi capita, sopratutto mente aspetto che un semaforo diventi verde o facendo la fila in posta (oppure mentre qualcuno cerca di convincermi con abile dialettica che la sua gestalt è migliore della mia), ebbene in casi simili capita che la mia mente si inerpichi in variopinte astrazioni ed elittiche virtuosità, e improvvisamente decida di sfoderarmi delle domande fondamentali. E di colpo ti viene voglia di trovare le risposte a quesiti come "Perchè facciamo quello che facciamo?", "Che fine avranno fatto i disegni fatti nella selfarea?" oppure "Che cacchio metto come testata del blog?".

Poi il semaforo diventa verde, arriva il tuo turno alla fila in posta e squilla il cellulare del persuasore scassamaroni, e i tuoi cicli di pensiero riprendono il loro normale e rilassante schema analogico.

E quando trovi la testata per il blog, e rifletti che in fondo non è poi così importante sapere perchè fai quello che fai, ti rimane ancora una domanda alla quale cerchi risposta: che fine han fatto i disegni della selfarea? Qualcuno ne farà una pubblicazione? Qualcuno le ha fotografate e messe on-line? Qualcuno dei visitatori della selfarea si è soffermato a guardarli?

Variopinte astrazioni ed elittiche virtuosità, appunto...

giovedì 2 settembre 2010

Volevo essere Stanley Kubrick...

Era da un po' che questo volevo postarlo da qualche parte, ma al di fuori del mio pc non era mai stato possibile. Potevo metterlo su Facebook, ma la visione sarebbe stata limitata ai soli frequentatori. Youtube? Troppo dispersivo. E poi scopro che nel blog posso mettere anche i filmati.

Okay, allora cominciamo con questo. Aprile 2010, come se fossi a Report, ecco il tour del Comicon di Napoli. Consigliata la visione in stanza buia, poichè la luce nel filmato è davvero bassa.

Buon divertimento...