sabato 26 maggio 2012

"Certe cose fanno più male che non ragazze ed auto..."


Nel 1977 esce abbinato alla rivista Panorama (Mondadori editore) un volumetto speciale spillato, supplemento della collana popolare di gialli di spionaggio Segretissimo, stesso editore. Rimarrà l'unica volta che Ian Fleming appare in questa collana.
Devo ammetterlo, in realtà io del 1977 ricordo solo che facevo le scuole medie, che Niki Lauda correva ancora con la Ferrari, e che Guerre Stellari era appena uscito al cinema. Dell'esistenza di questo albettino spillato venni a conoscenza solo dopo molto tempo, a metà anni '80, quando già avevo cominciato la collezione dei libri di Ian Fleming, perchè i film di 007 mi piacevano, e accorgendomi subito che le storie erano diverse da com'erano nei film di Roger Moore, ma comunque ne ero rimasto piacevolmente sorpreso. E l'albettino lo recuperai solo in quel periodo, trovandolo per caso su una bancarella dell'usato, di cui ero già un agguerrito frequentatore. Aveva un pezzetto della copertina stracciato e mancante, ma lo conservai fino a uno integro (ma con copertina un po' più consumata) per sostituirlo, ma alla fine li tenni tutti e due, con la loro classica ed elegante illustrazione del grande Carlo Jacono. Conteneva uno dei racconti di Fleming, già apparso anche su uno speciale numero antologico di Segretissimo.

Stavo meditando di compilare una lista dei libri di 007, avevo già incominciato, giuro. Volevo fare una cosa illustrata, indicando le edizioni. Ma la lista che mi feci anni fa non veniva fuori, e non avevo voglia di prendere fuori tutti i libri e ricontrollare. Prima o poi colmerò questa lacuna, ma per il momento passo.
Però la voglia di fare una carrellata sulle copertine dei libri di James Bond rimaneva.
Vado in rete, metto il nome dell'autore, e si aprono decine di immagini delle infinite e variabili edizioni mondiali di Ian Fleming (andate qui se siete curiosi come spero).
L'immagine di copertina è sempre stata importante. Per dei romanzi che raccontano di agenti segreti e belle donne, di villain spietati e auto di lusso, con Casinò, Dom Perignon e sesso sottinteso (siamo negli anni '50, ricordate), una cover accattivante era d'obbligo. Gli anni passavano, ma nei paesi anglosassoni le dedizioni si susseguivano, variando continuamente di grafica e colori, ma promettendo intrattenimento, e mistero, e azione, e belle donne.


Lo ammetto. Guardandole ti viene voglia di leggere quei libri che rivestono, per individuare quelle scene esotiche e accattivanti, come da regola dei romanzi d'avventura. "Mostrami cosa contieni" domanda il lettore indeciso, e il libro gli risponde..
Prendiamo il primo libro, per esempio. Tutto incomincia con Casino Royale, nel 1953. Col tempo diventa un classico, anche se bisognerà aspettare i film perchè esploda davvero, nei primi anni '60. Ma da quel momento avrà diverse pubblicazioni in giro per il mondo, e la copertina sarà sempre lì, a promettere avventure esotiche in giro per il mondo, e mistero, violenza e azione.


Grafiche spettacolari, dove il nome dell'autore e il tutolo variano di dimensione e colore, ma sempre con immagini a tema, a promettere un contenuto che saprà intrattenere il lettore.

Okay, ma da noi? E in Italia? Che ne è delle edizioni Italiane? Vediamole un po'...

Una delle prime edizioni di Ian Fleming è nella prima serie dei Gialli Garzanti, volumetti pocket simili ai Gialli Mondadori come spessore e carta. Copertine accattivanti, grafica elegante, riferimenti ai film come se piovesse.


Ma i libri promettono bene, la serie decolla, ed ecco l'anno seguente una nuova pubblicazione, in volumetti cartonati di formato sempre tascabile e con sovracoperta illustrata, nella collana R', sempre Garzanti. Una collana di libri dedicati al giallo, che alterna anche Mickey spillane, il Simon Templar di Leslie Charteris e molti altri (senza dimenticarci del grande Len Deighton).
Grafica uguale per tutti, cover con il viola predominante (non veniva mai due volte dello stesso colore) e banda gialla, e nel mezzo una composizione alta e stretta, foto o disegno. In alto è indicata la serie, in basso autore ed editore (in giallo) e titolo in bianco. Bella ed elegante.


Nel 1972 parte una nuova serie dei Gialli Garzanti, e Ian Fleming ne è uno dei protagonisti. Brossura, copertina gialla, e due occhi sinistri stilizzati in alto. Nome autore in grigio, titoli a colori variabili, che si intonano con l'immagine: un disegno o una composizione fotografica, suggestiva e piena di promesse. Questa è una delle serie che si trovano ancora in giro cercando sulle bancarelle. Ed è una delle poche edizioni integrali disponibili.


Alcuni ristampati in altre collane dello stesso editore, altri raccolti in grossi Omnibus, viene pubblicato pure quel Traffico di diamanti che altri non è che un libro inchiesta in cui Fleming descriveva parte della documentazione raccolta per Una cascata di diamanti.
Poi per qualche anno non accade nulla, e bisogna aspettare circa il 1986 (quanti di voi dovevano ancora nascere?) per avere un'altra edizione integrale economica (almeno credo fosse integrale), questa volta negli Oscar Mondadori. In copertina disegni del grande Ferenc Pinter, ispirate ai film. Grafica accattivante, colore predominante e banda nera, con il titolo in bianco. A dominare è il nome dell'autore. Affascinante, come direbbe il signor Spock.


Questa è ancora una delle edizioni più facili da trovare, come per i Gialli Garzanti.
Passano ancora gli anni, e nulla di nuovo sotto il sole, bisognerà aspettare che arrivi il 1997 (circa), quando in un paio d'anni l'editore Teadue ripropone ancora una volta i libri di Ian Fleming. Stesse traduzioni Garzanti, grafica un po' meno spettacolare, con disegni anche qui ispirati ai film, ma dopo Ferenc Pinter è difficile essere all'altezza. A dominare è il nome del personaggio, ma quello dello scrittore è in bianco su nero, in alto, comunque ben visibile. E tutto sommato la grafica mantiene le promesse e ci grida: "Qui troverete azione, azione, azione!"


Ma questa è integrale? Temo di no, ma non ho mai avuto il tempo di controllare. Questa è l'edizione che staziona in libreria all'inizio del nuovo secolo. Come lancio promozionale nove libri vengono venduti abbinati al quotidiano Il Giornale, cartonati e con sovracopertina fotografica (dai film, tanto per cambiare).
Poi il tempo riprende a correre, il mondo a girare, i bambini a crescere.

E' arrivato il momento di avere una nuova edizione. Viene annunciato che Guanda pubblicherà nuovamente Ian Fleming, ma questa volta con delle traduzioni del tutto nuove. Un libro viene inserito nel 2004 nella collana Le strade del Giallo del quotidiano Repubblica, una serie che propone in grande formato alcuni dei classici del giallo e del thriller. Un romanzo solo, ma in compagnia di altri grandi nomi del thriller, e poi è un formato bello grande. Copertina fotografica, come tutte quelle della collana, con una banda colorata sopra un dettaglio. Elegante.

Sempre nello stesso anno ecco arrivare nelle librerie finalmente i volumi Guanda. Certo, io ho tutta la serie nelle edizioni Garzanti recuperata su bancarelle nel corso di tanti anni, ma ho amici che l'aspettano con ansia, perchè non riescono a mettere le mani sul volume che ha meno edizioni in assoluto, quel L'uomo dalla Pistola d'oro, che essendo l'ultimo in ordine cronologico, nelle edizioni più recenti veniva spesso dimenticato, poiché la serie si interrompeva prima.
Dopo tutte queste colorite edizioni ti domandi cosa si inventeranno i grafici questa volta, come renderanno accattivanti dei romanzi un po' datati ma sempre affascinanti? Quali squilli in copertina verranno utilizzati per accattivarsi l'attenzione del pubblico? Cosa vorrà gridarmi la copertina, quali promesse sussurrerà nelle orecchie dei potenziali lettori, per convincerli a comprarlo?
Poi finalmente esce, lo vedi, e capisci che hai fantasticato a vanvera per tanto tempo.


Se questo fosse un mondo perfetto, mi piace pensare che avremmo anche noi delle copertine piene di Girls, Cars & Guns, che promettono pericolo e mistero, violenza e azione e morte. Ma evidentemente non è così.
Il lettore non ha sentito nessun sussurro arrivare dalla copertina. E magari esce dalla libreria ancora con i suoi soldi, o con l'ultimo volume di Dan Brown.
L'ultimo volume di Guanda è del 2006. Da allora più nulla. Niente riedizioni, nemmeno nell'occasione del lancio mondiale del film Casino Royale, magari con una sovracopertina col poster cinematografico, e qualche squillo cubitale che gridi "Qui troverete violenza, sesso e azione, accorrete!!".
Nulla. Niente squilli, niente promozione. E dopo poco meno di una mezza dozzina di libri,la serie è ancora ferma da qualche anno (almeno sei), e ormai dubito fortemente che i miei amici riusciranno a completare le loro serie.
E io avrei voglia di dire che non bisognerebbe mai giudicare un libro dalla copertina. Ma in realtà riesco solo a pensare che ci sono davvero cose che fanno molto più male che non ragazze e auto.

PS: A entrambi gli amici ho procurato io L'uomo dalla Pistola d'oro, in due diverse edizioni Garzanti tascabil. Una buona azione almeno l'ho fatta, e il cerchio si chiude.



lunedì 21 maggio 2012

I Dannati del Pianeta Maledetto


Oggi piove, senti come piove. Ma ieri il sole aveva pure scaldato, e si riusciva a uscire con la maglietta, cosa impossibile oggi. E due giorni fa avresti detto che era estate, tanto era il caldo.
Ma siamo in primavera, la folle e capricciosa primavera del 2012. E ormai mi aspetto il vento, anche una nuova ondata di gelo, come se qualcuno che ha le mani sui comandi dell'universo ci stesse testando con una prova antistress. O un sergente istruttore stesse addestrando dei Navy Seal, sottoponendoli ad ogni angheria gli venga in mente, per forgiarli.
Ecco, pensi a questo guardando fuori dalla finestra. E se dopo le inondazioni e lo tsunami, senti che arriva anche un terremoto, ecco che quel sospetto paranoico torna a fare capolino.
Guardo in strada, vedo le piante e gli alberi, che già avevano messo i fiori, convinti dell'arrivo della bella stagione, e me le immagino a resistere, a battersi contro le armate del generale inverno, per conquistarsi il loro diritto all'esistenza. 
"Al fine di avere un prodotto migliore", dicono le pubblicità delle auto, mostrando con orgoglio i manichini delle prove anticrash. Io mi guardo intorno, e talvolta - ma solo per qualche breve secondo, il tempo di scartare l'idea come cavolata - ci penso, e mi domando se non debba sentirmi come uno di quei manichini. Capita solo a me?

No, già qualcun altro ci aveva pensato. Alan Dean Foster, un bravo scrittore di Fantascienza, che nel 1991 scrive uno di queli libri che lasciano il segno, nonostante tutto: nonostante non sia parte di uno dei suoi cicli più famosi, come quello del Commonwealth e di Flinx, e nonostante da noi rimarrà un caso isolato.

"Perché quel libro ti viene in mente guardando la pioggia, sentendo del terremoto e guardando le piante combattere?", domanda il solito lettore curioso, che si aspetta la mia rapida risposta (o che io mi illudo voglia).

L'idea principale del libro era estremamente semplice.
In una vasta zona dell'universo si è formata una confederazione di razze senzienti, gli Amplis. Ma l'altra metà delle razze senzienti è sotto l'influenza della Trama (the Waves). E la Trama non vuole la pace, ma la guerra. Ed è quindi guerra senza pietà, ormai da millenni. Inesorabile, apparentemente senza fine, in cui pacifici esseri extrraterrestri sono costretti a battersi, contro ogni loro etica, per salvare il proprio diritto di esistere.
L'unica speranza per non perdere è continuare a cercare nuovi alleati, unire altre razze senzienti nella battaglia, al fine di non perdere la guerra, e con essa ogni speranza di un futuro migliore.

E un bel giorno, un'astronave degli Amplis arriva sulla terra. E analizza il pianeta.
Geologicamente attivo.
Con più di metà superfice ricoperta dalle acque.
E come se non bastasse pure con un enorme satellite naturale, talmente vicino da non poter evitare di subirne la sua influenza. Con climi variabili dal freddo più intenso al caldo più soffocante, e condizioni meteorologiche impazzite, senza controllo, capaci di scatenare piogge torrenziali o venti senza fine. E maree, e terremoti così come ogni possibile calamità. La prima domanda degli alieni è scontata:
"Come ha fatto una civiltà a sopravvivere in un inferno simile??!!"
Già. Perché pare che con queste caratteristiche non esista un altro pianeta conosciuto che abbia dato l'origine ad una razza senziente. Siamo un caso unico.
"E che razza di esseri viventi ne verranno fuori?" è la seconda domanda.

Comincia proprio così. E se fossimo davvero un pianeta unico? Con creature viventi che sono sopravvissute ai terremoti, alle catastrofi climatiche, alle maree, l'influsso della luna, forgiati da un'immaginario test antistress naturale chiamato Terra, e proprio per questo perennemente irascibili, facilmente litigiosi, sospettosi, perfettamente a loro agio nelle guerre, sempre in corso? Se tutto ciò che noi siamo convinti di poter e sapere fare, come inventare, creare, vivere pacificamente, fosse solo una debole forma di autocontrollo? Se l'unica cosa che sapessimo fare è fare la guerra? Al punto da potere essere i migliori guerrieri della Galassia?
Riuscirà il primo essere umano contattato, da bravo e pacifico umano medio, a convincere gli alieni che no, si sbagliano, perché l'uomo è tendenzialmente buono, e non muore dalla voglia di battersi?

Guerra senza fine, di Alan Dean Foster. Uscito una volta sola, come numero 235 della collana Cosmo Argento dell'editrice Nord. Uscito in libreria in un periodo in cui in quella collana uscivano (quasi a ritmo mensile) tra i migliori romanzi di fantascienza pubblicati oltreoceano. Con l'unico appunto che la grafica di copertina poteva recuperare un po' meglio la composizione originale.
Ma questo (ti pareva che c'era una sorpresa, no?) è appunto solo il primo libro della trilogia dei Dannati (The Damned). Composta da tre libri, A Call To Arms (1991), The False Mirror (1992) e The Spoils of War (1993), rimane a tutt'oggi inedita nella sua completezza, ma chi segue il genere fantascientifico da libreria sa bene che non è un caso isolato.

Ma una volta le collane di genere prosperavano nelle nostre librerie, e quindi potevi ancora trovare gioielli simili, magari in ristampa. Quando ancora esistevano delle collane librarie etichettate Fantascienza, confinate nel loro spazi angusti, quando tutti avevamo più tempo libero per leggere qualcosa.
Ma oggi le etichettature non vanno più di moda, e nemmeno certe ristampe, per cui la vedo dura di vedere il ciclo completato, un giorno. In libreria, negli spazi dedicati ai generi (Fantascienza e Fantasy) trovi solo le ristampe dai titoli (variabili e incredibilmente creativi) di Philip K. Dick, o i cicli completi di Isaac Asimov, e poco altro. Niente da fare, non riusciamo a essere creativi in libreria. Forse hanno davvero ragione gli Amplis.
Forse come esseri umani siamo davvero capaci di fare solo altro.

martedì 15 maggio 2012

L'insostenibile leggerezza dell'ultima parola

Mi rendo conto che ogni tanto ho una metà oscura che mi sussurra cattivi comportamenti nell'orecchio, che mi invita a rompere le regole, a reagire sbattendo il pugno ogni volta che vedo un'ingiustizia. Ma invece di reagire di fronte ai massimi sistemi, mi scappa di farlo nelle piccole cose di tutti i giorni. Questo basterebbe a definirmi un rompiscatole da una parte non troppo vasta dell'universo, e un pericoloso concorrente per le Pigne in Qulo.
Poco male, in fondo riesco in questo modo a dimostrare di avere sempre l'ultima parola sulla mia personale metà oscura.

Questa volta tocca ad un malessere che non riuscivo a mettere a fuoco da tempo, e che solo negli ultimi giorni ho finalmente indentificato. E' quella fastidiosa sensazione di insistenza che trovi nelle discussioni con i conoscenti o con gli estranei, ma che riesci a identicare solo dopo averla vista ripetuta anche in rete, nei forum, sui social network, a dimostrare che il pericolo è davvero là fuori.

Facciamo il nostro solito esempio colorito.
Romolo interviene sul forum dei Re di Roma (o il loro equivalente di facebook, il mezzo non ha importanza), dicendo che gli piace la marmellata di ciliegie.E' una semplice affermazione di gusto, di piacere.
Numa Pompilio interviene dicendo che anche a lui piace molto la marmellata di ciliegie (o gli piace un fumetto, o un film). Tullio Ostillio pure lui concorda subito dopo, ma ci tiene a precisare che troppa può fare male, e in fondo quella di fragole è meglio.
A questo punto interviene Bruto, che precede un grosso punto esclamativo con l'affermazione "A me non piace affatto".

Romolo, che è un pignolo, interviene nel suo stesso post, dicendo che si, è possibile che a qualcuno non piaccia, ma a lui piace, e quindi la cosa non lo turba. Anco Marzio e Tarquinio Prisco seguono a ruota pure loro, dicendo che anche a loro piace la marmellata, ma disquisiscono sulla scelta del gusto del fumetto (volevo dire della marmellata). A questo punto interviene di nuovo Bruto, per dire che a lui non piace. Tullio Ostillio, che è un tipo molto precisino, analizza filologicamente la frase iniziale di Romolo (tesi), lo stesso con la frase di Bruto (antitesi) e arriva ad una conclusione (sintesi), non trovando motivi di discussione perchè è possibilissimo che quel film (pardon, la marmellata) non piaccia a qualcuno mentre a qualcun'altro si. Tarquinio il superbo irrompe a questo punto nel post, contestando che si contesti un'affermazione. Poi interviene di nuovo Bruto, per dire che a lui quella serie TV (sorry, intendevo dire la marmellata) non piace. Numa Pompilio segue a ruota, chiedendo perchè mai Bruto continui a dire una cosa già detta. Bruto risponde che a lui semplicemente la marmellata non piace affatto.

A questo punto interviene Seneca, che spacca il capello in quattro e filosofeggia su cose ed esseri.
Se Romolo avesse detto una cosa assoluta, per esempio "Il sole sorge ogni mattina", allora una contestazione di qualcuno che dice "No, non è così" sarebbe intollerabile. Ma trattandosi di opinioni di gusto personale, ognuno ha il suo, una discussione su tale argomento potrà anche svolgersi, ma sarà inutile, perchè il presupposto finale sarà quello di riuscire a fare cambiare opinione a qualcuno che è già convinto del contrario.
Naturalmente non finisce qui. Interviene di nuovo Bruto, per dire che a lui non piace la marmellata, e che non riesce a capire come possa piacere, con tutto quello zucchero, tutto quel colore, quel gusto dolcissimo, e la consistenza marmellosa. E aggiunge ben tre punti esclamativi alla fine.

Servio Tullio è pure lui pignoloso, si è limitato finora a leggere senza intervenire, ma ora entra in campo, seccato, sostenendo che è proprio il fatto che sia dolce, colorata e marmellosa che la rende gradevole, anche se gli lascia le dita sporche di inchiostro (volevo dire di zucchero).
Bruto risponde, per dire che comunque a lui non piace quel fumetto (cioè, la marmellata), sopratutto perché è così marmelloso.

Tarquinio Prisco non si da per vinto, e spiega in un lungo ed articolato intervento che gli porta via 20 minuti di vita, tutti i motivi per cui la marmellata fa bene, e quindi rivendicando il suo diritto logico di farsela piacere.
Romolo interviene ancora, invitando a moderarsi tutti, perchè questo gran parlare ha superato ogni possibile previsione iniziale. E sopratutto, domanda a Bruto perché mai gli interessi dire a tutti che a lui la marmellata non piace? Lui gli risponde subito, rivendicando il suo diritto di dire che la marmellata non gli piace, che fa male, che non gli piace, che è marmellosa, che non gli piace, che è troppo zuccherosa, e che sopratutto NON GLI PIACE, così, semmai non fosse chiaro.

Risultato? A partire da Romolo si stufano tutti, a parte Bruto, e abbandonano la discussione.
A questo punto interviene il moderatore, Cesare, che cazzia tutti e chiude la discussione.
Ma Bruto comunque interviene dicendo "E comunque a me la marmellata non piace!". L'ultima parola deve essere sempre sua. Che non si dica mai che la marmellata è buona. Perchè non sia mai che un occasionale lettore o un passante possa percepire che qui (o là, o ovunque) predominino gli adoratori della marmellata. Che sia chiaro per tutti che c'è un'accesa opposizione. E magari cambia anche il tono di voce ogni tanto, che non si capisca mai che è uno solo contro dieci.

Qualcuno si limita a farmi notare che Bruto semplicemente rivendica il suo diritto di dire che la marmellata non gli piace. E che questo non vuole dire obbligatoriamente che sia un dipendente della fabbrica di cracker salati al gusto di cipolla, pericoloso concorrente della marmellata dolcissima e marmellosa e zuccherosa. In fondo non è come quei disturbatori che nei comizi politici fischiano per disturbare. Lo sopporti, prima o poi si stuferà.

Certo, poi c'è l'ipotesi che Bruto sia favvero un cospiratore (non deve essere necessariamente anche un rettiliano), che saprebbe tramare anche contro lo stesso Cesare, e che quindi farebbe bene a stare attento, in futuro. Sopratutto alle idi di Marzo.

Ecco qui, fine della metafora (oggi sono davvero troppo distratto... volevo dire l'esempio). A quali conclusioni si può arrivare?

Può una conversazione sulla marmellata, su un fumetto o una serie TV arrivare a simili estremi? Purtroppo si, l'eventualità è davvero dietro l'angolo. Ovunque ci sarà sempre un Brutus pronto a dire come la pensa lui. E a cercare di avere l'ultima parola.
Come si risolve? Isolando e ignorando i commenti/opinioni/opere di Bruto? Arrabbiandosi e passare così dalla parte del torto? Fingere indifferenza? Achitettare elaborati giri di parole per confonderlo?
O forse solo tirando di Fioretto?