mercoledì 22 maggio 2013

I titoli della nostra vita

Guardo e sfoglio un libro trovato su una bancarella. Controllo il titolo, guardo i credits. E mi viene un mente tutta una serie di motivi per cui lo faccio. Penso a com'è nata l'abitudine, a come ha fatto a cementificarsi ed a diventare indispensabile. penso a come facevo prima di imparare. E il corso di pensieri diventa un flusso continuo, che necessita di venire incolonnato, messo sotto controllo, e analizzato. E così quel pensiero diventa una possibile riflessione da non tenere più tutta per te, ma da condividere.
Ecco il tema della storia di oggi.
Bigio è un giovane appassionato di libri di fantascienza. E' appena entrato in questo meraviglioso mondo fatto di centinaia di migliaia di libri pubblicati in passato, è avido di conoscenza, ha un sacco di tempo davanti a se per leggere molto, e convinto che riuscirà a cavarsela bene, perché è sicuro che le cose in questo mondo sono state fatte per bene, e a lui non resterà che cogliere i frutti.
Ha solo un piccolissimo difetto, apparentemente trascurabile. Bè, sì, non crederete mica che l'appassionato perfetto esista? A Bigio non interessa leggere le introduzioni, o le presentazioni. nemmeno i credits originali, è convinto che un libro debba parlare per sè. Non ha la passione di catalogare, ma solo quella di avere e leggere tutto il possibile. Può tutto questo essere un problema? Come potrebbe mai esserlo?
Mettiamolo alla prova con quattro esempi.

1) Un giorno trova il volume dell'editrice Nord Stelle come Polvere di Isaac Asimov. E' felice, è contento, è raggiante, l'edizione è bella, rilegata e con una spettacolare copertina color oro. Poi un giorno trova un classico Urania che lo attira: Il tiranno dei mondi. Gli manca, quel titolo non lo conosce, e prende anche quello, continuando ad essere felice. Fino a quando non li legge...
Gli ricordamo qualcosa... ce ne mette un po' a capirlo, ma dopo una ventina di pagine ne ha la certezza. Sono uguali. Il titolo è differente, ma dentro contengono lo stesso romanzo. E un porco mondo! gli scappa.

2) Un giorno trova il libro Destinazione Stelle di Alfred Bester. E' bellissimo, lo adora, ne vuole ancora.
Fai attenzione allora, amico mio, questa volta ti anticipo: non prendere mai il libro di Bester intitolato La tigre della Notte, perché anche qui, è lo stessa storia.

3) Dopo tanti libri avventurosi e innovativi, scopri finalmente Philip K. Dick. Era ora, non credi? Bene, ormai hai imparato dai casi precedenti, non ti ingannerai più. Leggi L'uomo nell'altro castello, ti piace un sacco, ne sei entusiasta. Poi leggi Tempo fuori di testa, e ti piace ancora, poi Scorrete lacrime disse il poliziotto, e infine Un oscuro scrutare, e sei al settimo cielo. Poi trovi una vagonata di altri libri su una bancarella, e te ne appropri. Libri che ti mancavano, sei raggiante. Ma spero per te che in quel mucchio non ci siano la svastica sul sole,  L'uomo dei giochi a premio, Episodio temporale e Scrutare nel buio. O smadonnerai che ti sentiranno fino in Caledonia.

4) Un giorno leggi L'uomo che cadde sulla Terra, di Walter Tevis. Magari avevi visto il film con David Bowie, ma fa lo stesso, qui parliamo del libro. Bello, bellissimo, ne vuoi ancora, segnati il nome di quest'autore. E poi trovi un Oscar Mondadori, Futuro in trance, e lo prendi. E poi trovi anche un libro della Nord dello stesso autore, Solo il mimo canta al limitare del bosco. In un colpo solo ne hai trovati ben DUE dello stesso autore, e sei sicuro non ci siano errori, perché sono usciti entrambi nello stesso anno, il 1983 (hai imparato a guardare le date, bravo).
Ma non rimanerci male quando vedrai che è lo stesso libro...


La mania di dare titoli differenti agli stessi libri ha cause ed effetti profondamente differenti. Cause ed effetti che impari dall'esperienza, dalla lettura delle note, e di mille altre cose apparentemente insignificanti. Grazie alle quali, hai le spiegazioni a tutto questo:
1) Isaac Asimov scrive all'inizio degli anni '50 quello che diventerà il suo primo romanzo. Viene pubblicato a puntate su rivista, con il titolo Tyrann. Nel 1951 esce il volume, con il titolo definitivo di Stars Like Dust. In Italia vede la luce nel 1953 con il titolo de Il Tiranno dei mondi e viene pubblicato dall'editore Mondadori su Urania, quindi ristampato nel 1968. Come quasi tutti gli Urania del periodo viene ritoccato nel testo e ripulito per permettergli di stare nelle pagine del volumetto italiano. Ma nel 1972 esce finalmente l'edizione integrale, senza i tagli delle precedenti edizioni, grazie all'editrice Nord, che traduce fedelmente il titolo in Stelle come polvere.
Quando diversi anni dopo la Mondadori ristampa quel volume, deve prendere una decisione. Certo, il secondo titolo avrebbe ha rimpiazzato il primo a tutti gli effetti, ma questa è la riedizione ( ma questa volta in edizione integrale) di un libro già pubblicato tempo prima su Urania. Che fare quindi? Proporlo con il nuovo titolo, facendo capire che è la ristampa dello stesso libro Nord (a parte la traduzione traduzione differente) o mantenere il vecchio titolo facendo capire che è la ristampa aggiornata del vecchio Urania? Si sceglie di usare il vecchio titolo, indicando all'interno che ha avuto anche l'altro. Discutibile? Può darsi, ma succede.

2) Per Bester succede una cosa simile. Il titolo originale del libro nelle sua prima pubblicazione su rivista è The Stars my destination, ma la prima edizione nel regno Unito porta il titolo di Tiger, Tiger. E quindi la prima edizione Italiana porta il titolo di La Tigre della notte. Ma la prima ristampa integrale successiva avra un più tradizionale Destinazione Stelle, e con quel titolo, in quella edizione (Nord) verrà conosciuto e riscoperto. Però anche qui come per Asimov, nelle ristampe Mondadori il titolo torna quello vecchio. Ma niente paura, si tratta sempre dello stesso testo.


3) Per Dick... bè, qui è leggermente differente. Nel suo caso non si tratterà mai di libri riscritti in originale, ma di un pasticcio tutto italiano. I libri sono sempre gli stessi (con un paio di eccezioni che indicherò dopo), ma si tratta di nuove edizioni. Non è difficile capire i morivi. A parte alcune fortunate eccezioni, Dick rimarrà per un bel pezzo lontano da Urania, finendo per venire pubblicato tra la fine degli anni '60 e i primi '70 dalla editrice La Tribuna, nella sua collana Galassia. Ma in seguito verranno riproposti assieme ad altri inediti tra le edizioni Nord, Fanucci e infine anche Mondadori Urania (dalla seconda metà degli '80). Tutte collane dedicate agli appassionati di fantascienza.
Poi arrivano gli anno '90, Dick è esploso come autore di culto, c'è bisogno di venderlo al pubblico di massa. L'editore Fanucci sceglie di cambiare i titoli, di recuperare quelli originali. Decisione saggia o meno? Anche qui, dipende...
Time Out of Joint, romanzo del 1959, ha avuto diversi titoli Il tempo si è spezzato, L'uomo dei giochi a premio (Mondadori Urania, 1968), Tempo fuori luogo (Sellerio, 1996) e Tempo fuori di testa (Fanucci 2003). Ma il libro è lo stesso. Il celebre The Man in the High Castle è arrivato in Italia con il titolo La svastica sul sole, e con questo nome è stato scoperto e conosciuto dalla maggior parte dei suoi lettori,oltre che citato inc entinaia di libri e testi storiografici della FS. Ma nel 2001 Fanucci prova a reintitolarlo nel poco accattivante L'uomo nell'alto castello (anche se high castle non vorrebbe proprio dire alto castello...). Ma dopo una ristampa, nelle successive tornerà al titolo originale italiano, per la soddisfazione degli appassionati. Andrà meglio a Flow My tears, the Policeman Said, uscito per la prima volta (Editrice Nord) con il titolo Episodio Temporale, e ristampato solo molto tempo dopo, vedendosi attribuito in italiano la fedele traduzione di quello originale, e diventando così, da adesso in poi, Scorrete lacrime, disse il poliziotto.

Con Dick abbiamo però anche i casi speciali. The Unteleported Man è un libro del 1966, ed esce in Italia nel 1968 sulla collana Galassia, dell'editrice LaTribuna (che lo ristampa un paio di anni dopo) come Utopia andata e ritorno. E per più di 20 anni rimarranno le uniche edizioni disponibili. Ma dopo la morte di Dick (nel 1982), l'editore originale ripristina una grande parte mancante nella prima edizione, e lo ripropone, ma per capire che si tratta di un'edizione differente bisogna guardare l'anno della pubblicazione originale: 1983. In Italia solo nel 1994 uscirà in questa nuova edizione, ma mantenendo con lo stesso titolo, ma nei credit questo dettaglio viene detto. Per cui questo è un libro differente.

4) E nel caso di Tevis che accadde? Piccolo grande pasticcio editoriale. Il due libri uscirono davvero a poche settimane di distanza nel 1983, ma la colpa fù di una distrazione da parte dell'agente americano, che non si accorse di avere venduto i diritti di un libro a due editori dello stesso paese.

Oh, lo so, non è molto facile capirci qualcosa. Sono cose che o le sai o non le sai, non c'è scampo. E si imparano solo con l'esperienza, e gli errori. Questi sopra sono solo alcuni esempi, quelli più facili da ricordare, per il resto c'è poco da fare: leggete i credits, e anche le note, spesso viene tutto detto lì, e buon divertimento.

Ma adesso se vi capita di vedermi sfogliare un libro su una bancarella, almeno saprete che non è solo per capire se l'incipit sia accattivante.
O almeno, non sempre.

venerdì 3 maggio 2013

Lost in Transition

Te ne rendi conto solo alla domenica sera, quando mancano poche ore alla chiusura. Per due giorni hai girato tra gli stand, andando su e giù, incontrando gente, salutando amici, osservando i cosplayer ed evitando di urtarli, vagando solitario o stretto tra ali di folla, avanti e indietro, indietro e avanti, cercando quell'orientamento mancante.
Di solito quando sei ad una fiera di fumetti abbastanza grossa e che dura più giorni, il primo giorno cerchi sempre di ottenere un qualche tipo di orientamento. Cerchi quei punti di riferimento che ti permettano di poterti muovere con sicurezza nei giorni seguenti, sapendo bene quale direzione dovrai prendere quando vorrai arrivare dove desideri: un riferimento come può esserlo un ingresso, una scala automatica, lo stand Bonelli o quello Alastor, il bar o il palco dei cosplayer. Ragazzo, triangola questi punti e in qualsiasi fiera sarai sempre in grado di capire dove ti trovi
Ti ci sono voluti due giorni alla tua prima Luccacomics in città, ma l'anno dopo eri a posto, caro Jack, e non vagavi più nei vicoli senza fine, o ritrovandoti di fronte alle mura. E la tua prima volta al Comicon scopristi domenica che per tutto sabato avevi ignorato che c'era un'ala del castello di cui ignoravi l'esistenza. E da allora hai imparato che queste fiere te le devi girare tutte al completo, almeno una volta. E anche nelle edizioni precedenti di questa Cartoomics era stato così, se non fosse che negli ultimi anni la cambiavano di sede ogni benedetta volta, tra i vari capannoni della vecchia fiera, o prima che ne demolissero buona parte, e ogni venerdì o sabato dovevi ricominciare. E una volta c'era nel capannone al fianco la fiera della birra e cioccolato (Fiera della birra E fiera del cioccolato, non credo esista cioccolato alla birra), e un'altra il tempo libero o Idea Donna, quando non toccava alle auto e al tuning. E anche in questa occasione ti eri impegnato a fare quello che facevi ogni volta.
Sei a Rho, in un dei capannoni della grande Fiera. É la prima volta. Di Cartoomics a Rho, di te a Cartoomics a Rho, ed è la prima volta per tutti qui a Rho. Quando sei entrato, ieri, non la smettevi di fare foto alla struttura, non ti fermavi, eri avido di conservare quelle viste e portarle a casa. Guardando quelle strutture architettoniche così suggestive, quegli edifici uovo lungo il tragitto che sembravano UFO naufragati, e i soffitti del salone che sembravano gli Hangar dell'area 51 da dov'erano fuggiti quegli UFO.




E hai fatto come tuo solito, hai osservato, esplorato, memorizzato la posizione degli stand dove stazionano gli amici, i posti degli editori, quello degli espositori che avevano qualcosa che ti poteva interessare, ma questa volta era stato maledettamente difficile. Perché lo spazio non era solo lungo, ma lungo e largo, e gli stand dedicati alla vendita di fumetti erano pochi (accidenti) laddove crescevano quelli dei gadgets, mancavano troppi punti di riferimento, e non aiutava il fatto che le piantine con i numeretti e la posizione degli stand li dessero alla biglietteria, all'ingresso della fiera, ma se avevi il pass (e io lo ebbi) potevi evitare la fila, ma percorrevi mezzo chilometro per arrivare all'ingresso comics, dove scoprivi che la piantine le davano in biglietteria, mezzo chilometro prima. E non avevi voglia i tornare indietro, e pensavi " Tanto qualcuno abbandonerà una piantina in giro, prima o poi...". Ma infine arrivi alla domenica sera, nessuno ha abbandonato la sua piantina, ma ormai sei convinto che nulla ti potrà più sorprendere.

Orario di chiusura vicino, è ora di salutare gli amici, che poi è troppo tardi. Sono le 17 circa, non riesci a ritrovare Paolo Cossi per la vostra solita bicchierata, Miriam è già partita all'una per tornare a casa, ma finisci per rigirare intorno alla self area, davanti al tavolo dove sono sistemate Elettra e Teresa per disegni e commission. Chiacchieri per dieci minuti con Gianluca e col Beretta, poi ti viene in mente che non hai ancora salutato Salvadei e Melissa, allo stand dell'associazione AMYS, "amici di Martin Mystere".
Cammini, ti sposti nella folla, eviti le processioni di cosplayer, spingi senza pietà i ragazzi che si spostano con lo zainetto, usandolo come fosse il loro ariete di sfondamento. Una tecnica che hai imparato anni fa, e che funziona sempre: braccio avanti, teso e rigido, usato come fosse il tuo di ariete. Infine li trovi. Si chiacchiera per una decina di minuti, si mangia la focaccia portata in omaggio dal Busne, e quindi saluti. "Ora devo solo ripercorrere la sala e tornare nella selfarea," dici rivolto al Jinx, e indichi una zona lontana, oltre alle ali di folla e ai cosplayer feroci, mentre ti prepari ad affrontare la titanica impresa del percorso di ritorno verso il tuo obbiettivo. 
E poi crolla il mondo, così come pensavi di conoscerlo.
"Bé, sarà facile, è lì" ti dice il Salvadei/Jinx, indicando nella direzione opposta, proprio dietro le tue spalle.
Girati. Lo vedi lo stand della Alastor? Quello é il suo muro esterno, con le stampe giganti di Jim Lee, dove la gente si fa le foto davanti alle statue colorate di Batman e Superman (che non hai fotografato). Già, e lì di fronte ci sono i tavolini della selfarea. E Gianluca e il Beretta che stanno ancora parlando.
Quindici passi e non di più...

Lo so come ti sei sentito in quel momento, perché ero lí con te. Smarrito.
Lost. Irrimediabilmente perduto.

Sì. Straniato. Non avere imparato a orientarmi in quella fiera diventa un sassolino fastidioso. E sarà lo shock, sarà il momento topico, ma da qui in poi il racconto torna in prima persona. In quel momento non penso più alla folla, all'amico che continuavo a incrociare in ogni dove e lui ogni volta aveva una domanda da porre, non penso al collega che ieri mattina non la smetteva di parlare, o all'acustica del ristorante della cena Bonelli, non penso nemmeno al fatto increscioso che ho sbagliato la data quando ho comprato in anticipo il biglietto di ritorno del Frecciarossa, e quindi dovrò rifarlo ex nuovo. Penso sopratutto al fastidio di essermi perduto in fiera.
Eppure ne ho viste di altre cose. Per esempio la mostra di Diabolik ed Eva Kant, dove stazionava un gigantesco SUV e dove ho fotografato la Olivetti delle Giussani, visto che all'Audace non avevo fotografato quella di Nolitta. O la mostra dedicata all'erotismo, della cui esistenza me ne sono accorto solo domenica pomeriggio.
Dalla prima fiera milanese di Miriam, di cui usciva il Salvans, pubblicato dall'associazione Fame Comics di Pordenone, anche se il sabato mattina, proprio sopra la loro postazione, la lampadina del capannone s'era bruciata e non c'era molta luce. Ho dovuto venire a Milano per conoscere Eva Chan/Belinda da Pordenone, ho chiesto a Clive di presentarmi Paolo Cossi (che conosco da un bel pezzo), da cui si stava facendo fare una dedica sul libro, e lui lo ha fatto davvero. Ho testato le conoscenze bondiane di Chiaverotti (non le hai superate proprio tutte, Claudio, ma ti voglio sempre bene lo stesso...), mi sono chiesto per due giorni dove avessi sentito il nome "FatBottomedGirls", il fumetto  che veniva venduto nel banchetto selfarea vicino a quello di Elettra, per ricordarmi solo a casa che la ragazza seduta dietro doveva essere la Veci (testone smemorato) che conoscevo tramite Facebook.





Sono andato fino alla sezione games per vedere il lucernario "bondiano" sul soffitto di cui mi avevano parlato, per poi scoprire che ce ne era uno uguale proprio dalle parti della selfarea. Ho visto Mimmo fotografare tutte le cosplayer, e intendo proprio tutte, rivisto dopo un bel po' l'amico Massimo sempre impegnatissimo con i servizi fotografici dei cosplayer, ho incontrato amici del club di StarTrek che vedo a tutte le fiere, e anche quelli che non vedevo da tempo (Luca e Mery) ma ne ho perduti altri (visto Marina ma perso Marco), ho visto un gran bel Trono di Spade che però non ho fotografato (perché, perché??), e nonostante l'avviso della principessa Leia non sono riuscito a ritrovare Paola, così come constatato che la conferenza con più pubblico era quella dedicata ai doppiatori dei cartoni animati, ma forse solo perché dietro il tavolo c'era anche Marco Columbro.
Ho incontrato finalmente il Barzi, e immortalato in foto per provare che esiste davvero, che non è (come temevo) una voce meccanica che parla al telefono, come il computer da un miliardo di dollari di Harry Palmer, come suggerivano delle voci sussurranti provenienti dallo spazio esterno.
Ho scoperto l'effetto che fà quando la metro si ferma del tutto per un'ora, perché un matto si mette a camminare sui binari la domenica mattina, e quanto sia difficile trovare un posto per salire anche solo stivato come una sardina nei tre treni successivi. Visto un trenino meraviglia (ma solo in scala N, peccato), l'autopista meraviglia, il campo di battaglia dei Panzer meraviglia, e la piscina delle battaglie navali  (che non ho fotografato, ma almeno ho filmato) con la gigantesca riproduzione della Yamato al fianco, ma quella che va in mare non quella che vola nello spazio. Che il depliant che invitava a venire ad Albissola Comics non indicava la provincia, lasciandomi nel dubbio di dove diavolo fosse. Ho scoperto che un appassionato è capace di portarsi dietro da casa la stampa a colori da un metro e passa di un tuo disegno per farsela autografare. Che anche i poster di Iron Man possono avere dei terribili errori anatomici, o di Photoshop che dir si voglia. Che alla Bonelli c'erano dei nuovi pannelli espositivi davvero originali e tecnologici, che un amico editore può non essere mai al suo stand perché sempre in giro per impegni di lavoro ma di sicuro si scorderà sempre il proprio cellulare allo stand, appurato che in Messico esiste una innocua balena con gli Swarowski ma in Italia viene millantata come squalo, e che negli anni '70 esisteva un gioco da tavolo che non ho mai visto in giro, ma che in effetti non avevo mai nemmeno cercato, visto che all'epoca giocavo con i soldatini.
 






E in chiusura i disegni lasciati sulle parete degli stand, pensando a che fine faranno, una volta che tutto finirà smontato e i pannelli torneranno in qualche magazzino. 
E poi come al solito ho girato il mio filmato. Ma rispetto ad un anno fà, questa volta mi ero sincerato di avere le pile cariche e sono riuscito ad arrivare in fondo, e mi piace che alcune delle cose che non sono riuscito a fotografare, nel filmato ci stanno.


E poi la fiera è finita, come finiscono tutte le cose, buona parte delle avventure e una parte delle storie. E nell'attesa della prossima fiera di fumetti, con tutti a riprendere a fare quello che facevamo prima.
A fotografare gli edifici a forma di UFO.
A provare a orientarci nel mondo esterno.
A cercare dei punti di riferimento.

Sperando di non perdere mai la strada.