domenica 27 settembre 2015

Gli innocenti

Pippo fa' un errore, ma non lo ammette. "É colpa di Pappo che non mi ha corretto in tempo".
Nino prende un brutto voto in matematica. "É colpa della maestra che non ha spiegato bene." risponde a mamma, che gli chiede le ragioni.
Gina e Nina litigano mentre sono ad una Fiera gastronomica, e Gina tira il bicchiere (di plastica) di birra contro Nina, che si sposta, e il bicchiere finisce contro un altro signore. Di chi é la colpa? "Di Nina che si é spostata!" grida Gina.
Mick scrive una storia brutta, scontata, prevedibile, i lettori si lamentano, le vendite calano, per Mick la colpa é dei lettori che hanno gusti difficili. E della Playstation, ovviamente.
Un fumetto viene stampato in un numero di coppie ridicolo, e se vende poco é colpa delle edicole. Se non si trova in giro non prendetevela col distributore che non distribuisce, la colpa é del fumetto che interessa poco. 
Pino dirige un film comico che non fa' ridere. La colpa é dei blockbuster americani che ci sottraggono il pubblico. Mara gira in bicicletta alla sera, senza luci, vestita di nero, in una strada buia in una notte senza luna, e per un pelo non viene travolta da un'auto. "É colpa del guidatore dell'auto che doveva stare più attento." la stessa cosa la pensa Mino, anche lui in bicicletta, che  ha voltato a sinistra senza segnalare col braccio, ed ha ottenuto una frenata di un'auto che lo seguiva, che stava per travolgerlo.
Rina ha preso un brutto voto, e pensa che si ingiusto riceverlo solo perché non ha studiato. La colpa é dei genitori, che la stressano e le impediscono di concentrarsi.
Bobo si arrabbia col disegnatore che gli ha ritoccato i disegni poco prima di andare in stampa, non con se stesso che ha disegnato tutte le ombre sbagliate.

Nessuno é più colpevole. La colpa é sempre di qualcun altro. Eppure un giorno lo vorrei davvero trovarne uno, di colpevole. Qualcuno che abbia il coraggio di dire "É colpa mia, scusate". Solo a me lo hanno insegnato? Ma la scuola, i genitori, i nonni, non i hanno mai insegnato ad essere sinceri, sempre?

Bé, ma in fondo perché avrebbero dovuto farlo?
Mi guardo intorno, e capisco subito...
I cattivi maestri che hanno imperversato su stampa e televisione negli ultimi 20 anni non vi hanno insegnato nulla? All'universo e alle folle non piacciono i perdenti, per cui guai a esserlo. E pare che qui abbiano imparato bene.
Cosa possiamo io, noi e voi, se contro abbiamo la televisione, la stampa, le fiction, piene di giustificazioni che noi tutti dobbiamo accettare, per quanto improponibili?

Il politico non fa' quello che promette, ma la colpa é dei ministri che glielo impediscono. L'industriale non ha corrotto il politico, lo ha solo aiutato economicamente nel momento in cui, cambiando schieramento politico, avrebbe potuto trovarsi in difficoltà. Se regalo un appartamento a quella donna non é perché sia la mia amante, ma la sto solo aiutando in questo momento difficile. Io non dico bugie, é lei che ce l'ha con me. Non é che non vado in parlamento, mi ammazzo di lavoro nel mio studio.
E a livello locale? Se paghi per un'abbonamento ADSL che ti viene garantito ultra veloce e non lo è, la colpa è dei vecchi cavi del tuo quartiere, non del gestore che prometteva mari e monti senza aver prima controllato dove abitavi. Se quella fabbrica va male é colpa degli operai, non del prodotto scarso che si realizzava. Se un'azienda di modellini che andava bene viene venduta ai cinesi, non é colpa dei nuovi dirigenti, ma della recessione del mercato. Se la ristrutturazione della piazza centrale della città é venuta male, ci ha messo troppo tempo a essere finita, e ora cade a pezzi, la colpa é dell'amministrazione precedente, non di questa che non ha fatto nulla mentre i lavori proseguivano ed ha inaugurato il tutto in gran pompa durante la  sua amministrazione.
Se il fiume esce dal suo corso naturale é colpa della pioggia (che cade da milioni di anni) e non di chi ha imbottigliato quel fiume costruendogli attorno tutto il possibile negli ultimi 50 anni.

Ecco. Ormai, ormai ho capito che non serve lamentarmi col mio prossimo. Non ha fatto che seguire l'esempio dei cattivi maestri intorno a lui, che hanno finalmente donato al mondo una generazione di perfetti, tutti sempre e solo innocenti.
Il primo che trova un colpevole faccia un fischio, mi raccomando.

venerdì 18 settembre 2015

Discutibili oggetti e cattivi soggetti

Ma alla fine, poi, ha davvero importanza? Fare un'affermazione, e poi spendere cento e piú parole per confutarla, far valere le proprie opinioni, spiegare il perché e il percome?
A qualcuno importa sul serio? C'é davvero qualcuno intenzionato a leggere tutto, a entrare nel ragionamento di un altro e capire quel punto di vista alieno e, se è il caso, dare ragione? Esiste? O le risposte piuttosto non suoneranno più come "No, ti sbagli, perché...", "Io invece penso che...", oppure "Sí' ma però...", e frasi simili.
La gente, o meglio sarebbe dire noi tutti, non passiamo da sempre una parte del nostro tempo libero a esternare pensieri e opinioni, a ribattere, nella sicura convinzione di avere ragione, che la nostra idea sia quella giusta, perfetta, semplice? 
Inizi da piccolo, poi cresci e nel frattempo ti confronti con altri pensieri, e continui così, da lì in poi per sempre, parlando di calcio, politica, cucina, salute, lavoro o teoria del complotto o di fumetti. Prima a voce, e poi sei passato alle discussioni telematiche, sui forum, mailig list, e oggi twitter e Facebook. O guardando e ascoltano altri discutere. Siamo sommersi da un'oceano di opinioni. Avviene continuamente, alla TV o alla radio, migliaia di pensieri e opinioni contrapposte, che a nostra volta controbattiamo, confrontandole con il nostro punto di vista, che il soggetto sia Sanremo, Star Trek, il Grande Fratello, l'ultimo film di Tarantino o la nazionale di calcio. Non é forse vero? 
Si evolvono gli strumenti, ma facciamo sempre le stesse cose: discutiamo, che sia in maniera garbata oppure violenta, dedichiamo ore, giorni e settimane della nostra vita vissuta a questa interessante ma scomoda pratica. Senza imparare nulla? E serve davvero? 
Tanto piú che ogni tanto trovi sempre chi, per confutare il proprio ragionamento, riesce a sostenere ancora che i propri fatti siano "oggettivi" e non contestabili. Puoi accettare ogni discussione, ma se butti giú la carta del "i miei sono fatti oggettivi", no, sorry amico mio, ma non ci siamo proprio; in quale mondo vivi, dimmi. Ti stai guardando intorno? Lo osservi davvero questo nostro mondo?
Esiste ancora qualcosa che si possa definire oggettivo? Gli storici revisionano eventi del passato, rivoltano motivazioni, i critici cinematografici rivalutano film smemorati del passato, le religioni vengono discusse, e cosí la medicina e la scienza; fatti, opere e opinioni che ormai consideravamo intoccabili scolpiti nella memoria del tempo? Noooo, nuove regole dei nostri tempi.
La nostra realtà é davvero diventata così, tutto d'un tratto... semplicemente soggettiva?
Quindi, quando ti viene voglia di discutere, dimmi... ti domandi mai se ne vale davvero la pena? Se quell'argomento richieda davvero anche la tua opinione? Se il mondo cambierà in qualche modo per il tuo intervento? O é solo un'azione per dimostrare che esisti anche tu?

Un giorno puó capitare che improvvisamente tu non ne hai più tutta questa voglia. Intorno a te il mondo intero discute fatti ed opinioni, e forse esisterà qualcuno che ascolti davvero. Ma tu non hai voglia di controbattere su argomenti che non ti interessano o a cui tieni troppo. Vuoi convincere qualcuno? E poi? Lui riuscirà a convincere te, se usa solo il suo personalissimo metro di giudizio? Se usa logica e razionalità forse sí, se usa solo la passione decisamente no.
Usa tutto quel tempo per fare altro. Non hai che l'imbarazzo della scelta. Ci saranno le eccezioni, quelle si, ma i mulini a vento... quelli lasciali perdere.

E se poi penso che questo pezzo é venuto fuori solo perché mi era venuta la folle idea di spiegare perché non riesce proprio a piacermi Star Trek Voyager... Temo, per vostra somma fortuna, che rimarrà un silenzioso soliloquio tra io, me stesso e me. 
Almeno tra tutti e tre c'é la concreta possibilità che potremmo essere d'accordo.

martedì 8 settembre 2015

Nella città dolente

Maria é una signora bloccata nel suo letto. E non ha il pieno controllo di quello che dice e porta il pannolone. In ogni momento in cui non dorme chiama dei nomi, probabilmente parenti stretti, come se fossero nella stanza di fianco. Il tono passa dall'implorazione al fastidio, come se qualcuno di loro le facesse il dispetto di non sentirla.
Mario ha quasi cent'anni. Non fa terapia, camminava traballante fino a poco fa, ma poi é caduto e da allora gli hanno proibito di uscire dalla stanza se non accompagnato. Se ti fermi a chiacchierare si limita a poche parole gentili, e a raccontare qualcosa della sua gioventù, e della guerra. Fino a poco tempo fa aveva un compagno di stanza con cui parlava e giocava a briscola, ma poi l'altro é tornato a casa, e ora divide la stanza con un signore silenzioso. E intravedere dalla porta questi due estranei che non interagiscono in alcun modo é un po' straziante.
Maria é una signora bene che gira con un stampella. Ha molte visite, e in camera ha una tv ed una radio col volume troppo alto. Forse é lei che ha una sveglia che ha suonato una notte, svegliando il vicino della stanza accanto ma non lei. Ma i suoi visitatori non riportavano mai in biblioteca le sedie spostate, e la su camera sembrava davvero piú un mobilificio di Manzano.
Mario é un signore convalescente per un brutta frattura ed un voce da baritono. Ha un cellulare con suonerie personalizzate, e quando lo usa non parla, ma grida. Parla dei fatti suoi, ignaro che nel raggio di venti metri lo senta chiunque: e dalla suoneria sai se parla con l'avvocato, se raccomanda alla moglie, o se discute i problemi di quel progetto di lavoro col socio. E il volume del telefono é così alto che pure con una parete di mezzo puoi sentire il suono della voce dell'interlocutore.
Maria ha un'eta in cui non t'importa più contare gli anni, ed é arrabbiata col mondo intero. Borbotta continuamente, filosofeggia unendo luoghi comuni classici e nichilismo, e tratta male gli infermieri. Bestemmia talvolta, distribuisce epiteti dialettali come "chel mona, chel coion, semo merde, spusemo, che vita de schifo" e non risponde ai quotidiani buongiorno di Mario, che li ripete ogni mattina, quando la incrocia la prima volta. Talvolta teme che i ladri entrino di notte in camera sua, forzando le porte dell'ospedale, e alle 21 non vuole andare a dormire, ed é convinta che quella signora sulla carrozzina che la fissa con lo sguardo vuoto sia lo sguardo del diavolo, e potrebbe volerla uccidere di notte. E talvolta la senti lontana lamentarsi del mondo, mentre aspetta che arrivi il sonno.
Maria é sicura di avere visto uno scarafaggio in camera. No, non si é confusa, sa benissimo distinguere un insetto da una cartaccia, cosí come ha visto benissimo quel grosso topo peloso attraversare l'atrio un istante fa, proprio sotto il naso di tutti, ma come avete fatto voi a non vederlo??
Mario vuole uscire. Ci prova tutto il giorno. Chiede a tutti dove sia la porta, e quando riesce a raggiungerla con la carrozzina inizia a batterci sopra, chiamando e gridando disperato. Il giorno dopo la ricerca ricomincia. Ma se incrocia qualcuno in corridoio, si sposta e lo lascia passare, e puoi vedere che nel farlo ti sorride.
Mario é un simpatico anziano con una gran voglia di chiacchierare con tutti. É ricoverato per un controllo, ma in realtà é parcheggiato per un paio di settimane per dar tempo ai parenti che lo assistono tutti i giorni di respirare.
Maria é ugualmente anziana ed ha una carrozzina. Fa lunghi giri per i corridoi e dice sempre una buona parola agli altri degenti quando li incrocia durante il giorno. C'è un portaombrelli vicino all'ingresso, e qualcuno gli ha scritto di fianco con un pennarello il suo vero uso, perché altrimenti lo prendono per un grosso cesto delle immondizie di qualche bizzarro e futuristico design. La signora lo fa notare al signore grande e grosso in carrozza, col sacchetto delle urine appeso dietro allo schienale, che vi ha appena gettato il bicchiere di plastica vuoto, perché troppo pigro di raggiungere un altro cestino, che come risposta solleva le spalle a quell'interferenza irrilevante.
Mario non parla molto, legge e dorme. Ma quando passa la moglie a trovarlo si lamenta che aveva la febbre e nessuno l'ha aiutato, e si considera vittima della malsanità. Non pensa minimamente che ha a disposizione un allarme per chiamare gli infermieri, ed é pure gratis.

Maria fissa il vuoto. Quando le muove, le sue mani piegano e ripiegano una maglietta troppo spiegazzata, quasi come stesse cercando la madre di tutte le pieghe. É indifferente a ciò che accade intorno a lei, agli infermieri che la mattina la sistemano col paranco sulla sua carrozzina e l'accompagnano nel salottino di fronte alla vetrata. Forse é quella che sta meglio, perché non pensa nemmeno ai suoi problemi, ed ha già raggiunto in maniera naturale quell'oblio che tanti poeti maledetti del passato cercavano con la chimica.

Mario é ricoverato per una rara malattia neurologica. Si sente un pesce fuor d'acqua con i suoi cinquanta anni, in mezzo a tanti anziani veri, mentre si appoggia alla sua stampella cercando l'equilibrio perduto da tempo, ma quando intorno a lui lo indicano come "il ragazzo", in fondo é contento. Sul comodino ha una Monster High sbarazzina che tutti scambiano per una Barbie, un barattolo di Nutella sul tavolo e fotocopie di suoi disegni appesi alle pareti, perché dopo la decima persona che gli ha detto "Ah, fai fumetti? Anche mio figlio si diverte" ha pensato che faceva prima a mostrare che lui lo faceva per lavoro, anziché limitarsi a ripeterlo. Gli infermieri che lo hanno preso in simpatia e gli chiedono disegni, e lui é un po' in imbarazzo a spiegare che con quella mano destra quasi bloccata che si ritrova é già tanto se riesce a reggere una matita, figurarsi disegnare una curva. Ha la speranza di recuperare ma la ferrea logica che non v'é nessuna certezza, se non nel suo forzato ottimismo, e mentre continua la sua fisioterapia, ci si aggrappa come un naufrago del Titanic.

Col timore, mai sopito, che un'ondata di riflusso lo riporti al largo. 

Che Crom e Bélit lo abbiano di riguardo, mi raccomando.