martedì 8 settembre 2015

Nella città dolente

Maria é una signora bloccata nel suo letto. E non ha il pieno controllo di quello che dice e porta il pannolone. In ogni momento in cui non dorme chiama dei nomi, probabilmente parenti stretti, come se fossero nella stanza di fianco. Il tono passa dall'implorazione al fastidio, come se qualcuno di loro le facesse il dispetto di non sentirla.
Mario ha quasi cent'anni. Non fa terapia, camminava traballante fino a poco fa, ma poi é caduto e da allora gli hanno proibito di uscire dalla stanza se non accompagnato. Se ti fermi a chiacchierare si limita a poche parole gentili, e a raccontare qualcosa della sua gioventù, e della guerra. Fino a poco tempo fa aveva un compagno di stanza con cui parlava e giocava a briscola, ma poi l'altro é tornato a casa, e ora divide la stanza con un signore silenzioso. E intravedere dalla porta questi due estranei che non interagiscono in alcun modo é un po' straziante.
Maria é una signora bene che gira con un stampella. Ha molte visite, e in camera ha una tv ed una radio col volume troppo alto. Forse é lei che ha una sveglia che ha suonato una notte, svegliando il vicino della stanza accanto ma non lei. Ma i suoi visitatori non riportavano mai in biblioteca le sedie spostate, e la su camera sembrava davvero piú un mobilificio di Manzano.
Mario é un signore convalescente per un brutta frattura ed un voce da baritono. Ha un cellulare con suonerie personalizzate, e quando lo usa non parla, ma grida. Parla dei fatti suoi, ignaro che nel raggio di venti metri lo senta chiunque: e dalla suoneria sai se parla con l'avvocato, se raccomanda alla moglie, o se discute i problemi di quel progetto di lavoro col socio. E il volume del telefono é così alto che pure con una parete di mezzo puoi sentire il suono della voce dell'interlocutore.
Maria ha un'eta in cui non t'importa più contare gli anni, ed é arrabbiata col mondo intero. Borbotta continuamente, filosofeggia unendo luoghi comuni classici e nichilismo, e tratta male gli infermieri. Bestemmia talvolta, distribuisce epiteti dialettali come "chel mona, chel coion, semo merde, spusemo, che vita de schifo" e non risponde ai quotidiani buongiorno di Mario, che li ripete ogni mattina, quando la incrocia la prima volta. Talvolta teme che i ladri entrino di notte in camera sua, forzando le porte dell'ospedale, e alle 21 non vuole andare a dormire, ed é convinta che quella signora sulla carrozzina che la fissa con lo sguardo vuoto sia lo sguardo del diavolo, e potrebbe volerla uccidere di notte. E talvolta la senti lontana lamentarsi del mondo, mentre aspetta che arrivi il sonno.
Maria é sicura di avere visto uno scarafaggio in camera. No, non si é confusa, sa benissimo distinguere un insetto da una cartaccia, cosí come ha visto benissimo quel grosso topo peloso attraversare l'atrio un istante fa, proprio sotto il naso di tutti, ma come avete fatto voi a non vederlo??
Mario vuole uscire. Ci prova tutto il giorno. Chiede a tutti dove sia la porta, e quando riesce a raggiungerla con la carrozzina inizia a batterci sopra, chiamando e gridando disperato. Il giorno dopo la ricerca ricomincia. Ma se incrocia qualcuno in corridoio, si sposta e lo lascia passare, e puoi vedere che nel farlo ti sorride.
Mario é un simpatico anziano con una gran voglia di chiacchierare con tutti. É ricoverato per un controllo, ma in realtà é parcheggiato per un paio di settimane per dar tempo ai parenti che lo assistono tutti i giorni di respirare.
Maria é ugualmente anziana ed ha una carrozzina. Fa lunghi giri per i corridoi e dice sempre una buona parola agli altri degenti quando li incrocia durante il giorno. C'è un portaombrelli vicino all'ingresso, e qualcuno gli ha scritto di fianco con un pennarello il suo vero uso, perché altrimenti lo prendono per un grosso cesto delle immondizie di qualche bizzarro e futuristico design. La signora lo fa notare al signore grande e grosso in carrozza, col sacchetto delle urine appeso dietro allo schienale, che vi ha appena gettato il bicchiere di plastica vuoto, perché troppo pigro di raggiungere un altro cestino, che come risposta solleva le spalle a quell'interferenza irrilevante.
Mario non parla molto, legge e dorme. Ma quando passa la moglie a trovarlo si lamenta che aveva la febbre e nessuno l'ha aiutato, e si considera vittima della malsanità. Non pensa minimamente che ha a disposizione un allarme per chiamare gli infermieri, ed é pure gratis.

Maria fissa il vuoto. Quando le muove, le sue mani piegano e ripiegano una maglietta troppo spiegazzata, quasi come stesse cercando la madre di tutte le pieghe. É indifferente a ciò che accade intorno a lei, agli infermieri che la mattina la sistemano col paranco sulla sua carrozzina e l'accompagnano nel salottino di fronte alla vetrata. Forse é quella che sta meglio, perché non pensa nemmeno ai suoi problemi, ed ha già raggiunto in maniera naturale quell'oblio che tanti poeti maledetti del passato cercavano con la chimica.

Mario é ricoverato per una rara malattia neurologica. Si sente un pesce fuor d'acqua con i suoi cinquanta anni, in mezzo a tanti anziani veri, mentre si appoggia alla sua stampella cercando l'equilibrio perduto da tempo, ma quando intorno a lui lo indicano come "il ragazzo", in fondo é contento. Sul comodino ha una Monster High sbarazzina che tutti scambiano per una Barbie, un barattolo di Nutella sul tavolo e fotocopie di suoi disegni appesi alle pareti, perché dopo la decima persona che gli ha detto "Ah, fai fumetti? Anche mio figlio si diverte" ha pensato che faceva prima a mostrare che lui lo faceva per lavoro, anziché limitarsi a ripeterlo. Gli infermieri che lo hanno preso in simpatia e gli chiedono disegni, e lui é un po' in imbarazzo a spiegare che con quella mano destra quasi bloccata che si ritrova é già tanto se riesce a reggere una matita, figurarsi disegnare una curva. Ha la speranza di recuperare ma la ferrea logica che non v'é nessuna certezza, se non nel suo forzato ottimismo, e mentre continua la sua fisioterapia, ci si aggrappa come un naufrago del Titanic.

Col timore, mai sopito, che un'ondata di riflusso lo riporti al largo. 

Che Crom e Bélit lo abbiano di riguardo, mi raccomando.

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